Su Aulla numerose altre incursioni aeree con decine di vittime civili

Morte e distruzione nei bombardamenti del maggio e del dicembe 1944

Macerie e case crollate nel centro di Aulla dopo l’esplosione delle bombe

Tutti, ad Aulla, erano consapevoli che quel primo bombardamento del dicembre 1943 non sarebbe stato l’ultimo. Venne così organizzato in città un posto di soccorso e ricovero della Croce Rossa con una trentina di letti per curare le vittime delle incursioni aeree che non sarebbero mancate. E che infatti non si fecero attendere.
Il secondo grave bombardamento si verificò il 18 maggio 1944; questa volta ad essere colpito fu il centro urbano, soprattutto la zona di piazza Garibaldi e della chiesa di San Caprasio: è durante questo evento che una bomba sfondò il tetto dell’edificio religioso, ma senza esplodere e sprofondando proprio nell’abside, a pochi centimetri dal sarcofago che, si scoprirà sessant’anni dopo, conteneva le spoglie del santo.
Oltre alla distruzione anche questa volta fu pesante il bilancio in vite umane perse: ventidue persone morirono sul colpo sotto le macerie o nei giorni successivi all’ospedale di Fivizzano.

La lapide che ricorda le 33 vittime del 1° dicembre 1943

“Oggi, giorno dell’Ascensione, terminata la Messa, molti si incamminarono per la campagna, altri vanno in casa per consumare il pasto – scrive il parroco di Aulla, don Guidoni – Ad un certo momento la chiesa è investita dallo spostamento d’aria prodotto dalle bombe. Il paese è stato colpito nella parte vicina alla Stazione. Molte le vittime. Gli aullesi sfollano portandosi nei paesi di montagna. La chiesa viene chiusa ed anche il parroco, con la mamma e le due sorelle sfolla a Vecchietto”.
Don Guidoni ogni mattina sarebbe poi sceso ad Aulla: “Non si può abbandonare la parrocchia – continua – vi sono molte cose da salvare, vi sono molte anime da custodire”. La Messa non si può celebrare in chiesa e il parroco chiede al Vescovo di poterlo fare altrove e, dividendo il territorio in quattro zone, fissa un giorno per la celebrazione alla Barcara, a Rianale, ai Surrogati e a Monticello.
C’era poi il problema delle macerie: le autorità cittadine imposero agli aullesi di presentarsi in giorni e orari prefissati armati di badili per sgomberarle; qualche aiuto arrivò anche da altri Comuni lunigianesi.
Come ricorda Giulivo Ricci “questo secondo bombardamento e i preannunci di nuovi indussero la maggioranza degli aullesi a cominciare ad abbandonare il centro storico e a sfollare nella periferia, tra la Barcara e Cagina, a Bibola e a Vecchietto, nei Comuni di Podenzana, di Tresana, di Licciana. Lo sfollamento divenne via via più intenso nelle settimane e nei mesi successivi tanto che poche famiglie restarono nel capoluogo specie dopo il bombardamento a tappeto del dicembre 1944”.

Bombardieri B-26 statunitensi in partenza per una missione in Italia nel 1943

Preceduto da innumerevoli incursioni aeree e da quelli del 7 e 15 luglio, il bombardamento di fine dicembre 1944 colpì non solo Aulla ma anche la popolosa frazione di Albiano Magra (dove morirono diciotto civili) e quella di Pallerone (con gravi danni e una vittima).
Anche la mattina di quel giorno sul finire dell’anno don Guidoni stava celebrando in chiesa; poco dopo le 7: “si odono rumori di apparecchi – scrive – faccio presto a terminare la S. Messa e poi mi metto sotto un arco di muro del campanile. Appena cessato il rumore corro in Seminario. A mezzogiorno e mezzo si ode nuovo rumore di aerei. Eravamo a mangiare. Le Suore corrono spaventate. Incomincia il bombardamento su Aulla… Terminati gli scoppi terrificanti delle bombe usciamo sul piazzaletto. Aulla è coperta da una cortina di fumo nero. Si ha subito l’impressione che sia stata distrutta completamente. Ed infatti poche case sono rimaste in piedi”.
Questa volta l’obiettivo era la stazione ferroviaria: la missione ottiene i risultati sperati dagli Alleati, tutto è distrutto. Ma non è finita! Poco dopo, infatti, “… si rivede avanzare una formazione di 15 aeroplani. Scendiamo al fiume e ci mettiamo al riparo di un muro di cemento. Che paura!”.
Si sarebbe saputo anni dopo che, in quest’ultimo caso, gli equipaggi dei bombardieri statunitensi erano formati dai brasiliani della FAB, reparto di quella forza di spedizione che il paese sudamericano aveva inviato in Europa contro il nazifascismo.

(p. biss.)