
Ottant’anni fa, il 1° dicembre 1943, l’abitato fu colpito dalle bombe sganciate dai B-26 americani: i ponti non furono colpiti, ma morirono 33 persone. Furono le prime di un tragico elenco di vittime civili cadute sotto le decine e decine di bombardamenti effettuati in gran parte della Lunigiana

“Giornata di terrore e di lutto questa per Aulla”: così don Renato Guidoni, scriveva riferendosi al 1° dicembre 1943, giorno del primo di una lunga e tragica lista di bombardamenti alleati sulla Lunigiana.
“Sono le 13,30 – scriveva il parroco di Aulla – tutto a un tratto si sentono dei forti rumori. La chiesa sembrava dovesse cadere tanta era l’impetuosità dello spostamento d’aria”. All’orizzonte dell’abitato al centro della Lunigiana, snodo viario e ferroviario strategico, si era presentata una formazione di aerei: era la prima volta, il territorio era sprovvisto di postazioni di avvistamento e non erano state allestite batterie contraeree.
La missione dunque poteva procedere indisturbata e puntare sugli obiettivi: i ponti sull’Aulella e sul Taverone, entrambi indispensabili sia per la strada statale che per la ferrovia Parma-La Spezia.
La formazione statunitense era formata da B-26 “Marauder” (“Predone”), bombardieri americani particolarmente veloci per quegli anni, capaci di sfiorare i 250 km l’ora, prodotti dalla Glenn Martin.
L’introduzione di questi bombardieri nella seconda guerra mondiale avvenne prima sul fronte del Pacifico e si dimostrarono particolarmente efficaci nelle loro missioni di morte. Meno, forse, nella loro efficacia sugli obiettivi prefissati.

Quel primo dicembre i B-26 inviati a distruggere i ponti attorno ad Aulla avevano lasciato poche ore prima la Sardegna, decollati dall’aeroporto militare cagliaritano di Decimomannu. La base, organizzata dalla Regia Aeronautica nel giugno 1940, con l’armistizio del settembre 1943, era passata sotto il controllo della United States Army Air Forces e i nuovi B-26 vi erano arrivati poco più di un mese prima.
Da Decimomannu, con una autonomia di quasi duemila chilometri i bombardieri potevano raggiungere buona parte dei territori italiani occupati: avevano sette uomini di equipaggio e potevano trasportare il loro pesante carico di bombe, poco meno di 1400 kg.
Diretti in Lunigiana, in meno di tre ore coprirono i circa 700 chilometri della distanza che li separava dall’obiettivo.
La parte conclusiva della missione si svolse in pochi secondi: gli aerei comparvero nel cielo di Aulla e, volando indisturbati a bassa quota, sganciarono decine di tonnellate bombe sui due ponti che tuttavia furono mancati: in questa e nelle altre numerose incursioni aeree che si sarebbero succedute nei venti mesi successivi; ma il prezzo pagato dalla comunità aullese in particolare e della Lunigiana più in generale fu altissimo.
Nel lato dell’Aulella le bombe caddero soprattutto nell’area di Codiponte: nel dopoguerra lì sarebbe poi sorto il popoloso Quartiere Matteotti, ma all’epoca la zona era pressoché priva di abitazioni.
“Passato il rumore ci gettiamo fuori – scrive ancora don Guidoni – e fra la gente terrorizzata vediamo la parte di Codiponte sepolta da un nube nera di fumo…” Ben più tragico lo scenario alla periferia nord di Aulla.

Ancora don Guidoni: “intanto giungono le prime notizie: la Filanda è stata colpita, vi sono molti morti. Mi precipito da quella parte per portare soccorso. Il refettorio dello jutificio è distrutto, per terra sono distesi una decina di operai. La casa operaia è distrutta, molti sono coloro che sono rimasti sepolti. I feriti vengono portati via… i morti, poveri morti, vengono adagiati sul pavimento… Sua Eccellenza il Vescovo giunge verso sera. Si porta subito con me a consolare i feriti, poi fa visita alle salme e conforta con le parole della fede i parenti dei caduti. Il funerale sarà fatto il giorno dopo ed il vescovo rimane per celebrare la S. Messa. Diciassette salme di adulti e due ragazzi furono allineate sul pavimento della chiesa, mai si era vista ad Aulla un’ecatombe simile…”
Il tragico bilancio del bombardamento del 1° dicembre 1943 fu di 33 vittime civili, in gran parte operaie dello jutificio, sorprese nel refettorio durante la pausa per il pranzo, uccise dalle esplosioni e dalla distruzione dell’edificio centrato dalle bombe.
Ma vittime si registrarono anche poco lontano dallo stabilimento, soprattutto nei dintorni del ponte. La maggior parte dei morti era residente ad Aulla, altri vivevano nella vicina Terrarossa e nei territori comunali di Tresana, Podenzana, Fivizzano e anche della Spezia.
Tra le vittime anche una bambina, Franca Fiasella, di 7 anni: alla sua memoria, pochi anni fa, è stato intitolato un giardino proprio nel quartiere della Filanda.
Paolo Bissoli