
Quasi 6 milioni gli Italiani nel Mondo e la comunità italiana all’estero è sempre più giovane: gli under 35 sono il 21,7%. In calo gli espatri
Continua a crescere l’Italia fuori dall’Italia: salgono a 5,9 milioni i nostri connazionali che risiedono all’estero e che rappresentano ora il 10,1% dei 58,8 milioni che vivono in Italia: emerge dal Rapporto sugli Italiani nel Mondo 2023, curato dalla Fondazione Migrantes e presentato a Roma nei giorni scorsi.
Aumentano i nati all’estero (+175% dal 2006) e le acquisizioni della cittadinanza italiana (+144%). Diminuisce invece la percentuale degli espatri: nel corso del 2022 sono stati 82.014 e i tre quarti sono rimasti in Europa e la comunità italiana all’estero è sempre più giovane (gli under 35 sono il 21,7%) al contrario di quanto accade entro i confini nazionali. I dati continuti nel Rapporto sono un mix fra le conseguenze di un oltre un secolo di emigrazione italiana nel mondo e nuove partenze.
Se i discenti di terza o quarta generazione dei nostri connazionali sentono il bisogno di acquisire la cittadinanza e fanno crescere il numero degli italiani nel mondo, resta una fascia di “nuovi migranti” che lasciano l’Italia, in genere per altri paesi europei o il Nord America.
Dunque una mobilità diversa: oggi non è più sfuggire da situazioni di fragilità economica e occupazionale ma è soprattutto desiderio di rivalsa e crescita. Perché – lo dicono i dati del Rapporto – gli italiani sono i lavoratori meno coinvolti, i più stressati (49%) e i più tristi (27%) e che guadagnano 3.700 euro in meno della media dei colleghi europei.
E a soffrire di più sono i giovani!
“Bisogna fare un grande investimento sull’istruzione, sullo studio – ha detto il card. Matteo Zuppi intervendo alla presentazione del Rapporto – combattendo la precarietà, dando condizioni di sicurezza, la casa ad esempio. La lotta alla precarietà è una delle condizioni migliori per dare sicurezza sul futuro e per la bellezza di restare nel proprio Paese”.
“Uno statistico mi ha detto che l’Italia è un Paese in via di estinzione – ha osservato – e non è una prospettiva allettante. Forse ancora qualcosa si può fare”.
E visto che il 75% degli italiani che espatriano scelgono l’Europa, dobbiamo “pensarci in maniera più europea e con una visione più larga”, appoggiando l’idea di “un passaporto europeo”, anche perché “i ragazzi ce l’hanno già dentro” e se “non si combatte la precarietà si va altrove”.
“C’è una sola Italia che cresce ed è quella all’estero – ha infatti spiegato mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, perché “in Italia c’è una condizione di disoccupazione, di non pari opportunità per le donne e per i giovani, che non hanno possibilità di mettere a frutto determinate competenze”.
L’aumento della povertà giovanile e dei Neet (giovani che non studiano e non lavoro) evidenzia problematiche che stanno facendo partire anche i nuovi cittadini italiani: “L’acquisizione della cittadinanza – ha sottolineato mons. Perego – permette la mobilità e la ricerca del lavoro in contesto più ampio. L’Europa per gli emigranti è una casa comune e questo bisogna ricordarlo alle prossime elezioni. Non possiamo indebolire l’Europa per i nostri migranti e per i giovani”.
Da parte sua la sociologa delle migrazioni Delfina Licata, curatrice del Rapporto Italiani nel mondo ha auspicato “che vada in porto il progetto di legge per introdurre la storia delle migrazioni nelle scuole”.
Istat: “Ragazzi italiani: 4 su 10 vogliono andare all’estero”
“Il 42% dei ragazzi italiani da grande vuole vivere all’estero, una percentuale che sale al 59% tra gli alunni stranieri. Gli Stati Uniti sono la meta preferita. Siamo di fronte a generazioni cosmopolite, una dato da non trascurare in un Paese che ha sempre più bisogno di giovani”.
Lo ha detto Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat, intervenendo alla presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2023.
Chelli ha puntato l’accento sul fatto che “diminuiscono le emigrazioni di italiani e aumentano i rimpatri”: ci sono stati 75.000 rimpatri nel 2021, con un aumento del 34% e del 10% rispetto a periodo pre-pandemia e l’età media di chi rientra è di 35 anni.
Da parte sua il sociologo Mauro Magatti, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha auspicato che i contenuti del Rapporto “aiuti a fare un passo in avanti nel qualificare il dibattito pubblico”, per “uscire dalle tifoserie”.
L’Italia, ha detto, si trova in un momento molto delicato, perché da 20 anni non riesce più a crescere, sono aumentate le disuguaglianze e le disparità tra territori e pesa il debito pubblico. L’Italia si trova al punto in cui deve decidere del suo futuro, se vuole avere un futuro, o declinare gravemente”.
Il Paese, ha concluso Magatti, “deve decidere se vuole riconoscere un bene comune aprendo una nuova stagione di rilancio, non per ragioni morali ma perché non c’è più crescita economica se non si lavora per crearne le condizioni”. (P.C. – SIR)