
Il prodotto, conseguenza delle escavazioni, al centro di proteste per i danni all’ecosistema
A causa delle abbondanti piogge di questi ultimi giorni i torrenti, che sono in prossimità delle cave di marmo, non solo si sono “gonfiati” come non si verificava da molto tempo, ma come da sempre accade si sono colorati di bianco. Non ha fatto eccezione anche la zona del fivizzanese con il Lucido dopo la confluenza con il Catenella o Solco ad Equi Terme. A Monzone, poi, l’incontro con il Lucido di Vinca, rosso di fango, ha fatto dire scherzosamente, ma non troppo, a persone del posto che il nuovo corso che si era formato richiamava i colori biancorossi delle maglie della squadra di calcio del Monzone.

Il fenomeno si ripete da quando, a monte del Catenella, furono aperte le cave di marmo, raggiunte con la costruzione, da parte della Walton, di una marmifera attraverso il “Solco, una valle selvaggia e quasi inaccessibile, la porta naturale a quello che è uno degli spettacoli più impressionanti dell’intera catena apuana, la parete nord del Pizzo d’Uccello… Qui l’immaginoso Alighieri avrebbe trovato naturalmente qualche cosa di più orrendo delle sue Bolge” (C. Zolfanelli, V. Santini). La marmettola, per definizione “fango composto da acqua e particelle fini di marmo con possibili aggiunte di terriccio”, che non ha origine naturale, ma è conseguenza dell’escavazione e del taglio del marmo, anche secondo studi del CNR, è al centro, si può dire quotidianamente, di proteste perché considerata pericolosa per l’ecosistema, per l’habitat, per le sorgenti, ma anche di approfonditi studi per un possibile utilizzo anche come fertilizzante, essendo ricca di carbonato di calcio. Ma il vero problema, che si nasconde dietro la marmettola, sono le cave, oggetto di scontro fra quanti desidererebbero chiuderle e quanti, invece, le considerano, come sono, una voce fondamentale per l’economia ed il lavoro, nel Comune e nella Provincia, che, però, deve essere ben regolamentata e controllata, sotto tutti gli aspetti, ambientalistici, amministrativi, nella quantità e nei trasporti ed anche sul requisito del 50% della lavorazione in loco. Trovare un giusto equilibrio fra tutti non sarà facile, ma dovrà essere necessariamente perseguito, a salvaguardia dell’ambiente e del lavoro.
Andreino Fabiani