A Villafranca un convegno della “Manfredo Giuliani” sui giochi di una volta

Condotto da belle bande di ragazzi solidali e amici per sempre

Alcuni dei relatori al convegno sul gioco organizzato a Villafranca dall’Associazione “Manfredo Giuliani”

Ritrovare il mondo dei giochi che ci hanno fatto crescere è un esistenziale “amarcord” felliniano presente in tutti in intimo silenzio. Pierangelo Coltelli invece ha affidato alla parola scritta le esperienze e l’ambiente da bambino e adolescente: ne è venuto Da via Roma alla via Pal, un libro in cui rivive sincero e amato il suo passato dei giochi. L’associazione “M. Giuliani” ha promosso un convegno a Villafranca per riflettere su “come si giocava per strada a Pontremoli negli anni cinquanta”.
Notizie e riflessioni hanno contribuito a capire l’importanza del gioco con gli interventi a partire dal presidente Giuseppe Benelli. A distanza di pochi decenni è cambiato tutto con la tv e ancor più con la comunicazione digitale. Lo svago è diventato manovrare strumenti al chiuso, seduti in pose non corrette per lo sviluppo del corpo, soli e passivi perché la strada è già programmata da altri.
Coltelli ha ben chiarito la differenza, concretamente da lui vissuta nelle strade, ai fiumi, nella pineta. Negli anni cinquanta erano ancora tangibili i disastri materiali della guerra e le ferite del cuore, ma è anche verità storica che riprendeva l’impegno per far funzionare bene la nostra prima e nuova Repubblica con speranza certa di un mondo migliore. Era un clima che coinvolgeva tutti.

Il pubblico al convegno della “Manfredo Giuliani” a Villafranca

Il gioco non era popolato da incubi e da orrori come è, quando possibile, quello dei ragazzi oggi in guerra; era gioioso come deve essere per sua natura, aggregava ragazzi in bande di zona, a Pontremoli se ne contavano otto, erano legati da vincolo forte di solidarietà su cui si è costruita amicizia per sempre: bande in competizione ma legate da una comune bella convivenza.
Per giocare ci vuole inventiva e creatività, metterci la testa e pure le mani, fabbricando in proprio i giocattoli: sul tavolo era esposto un arco di ampio raggio, flessibile e ben costruito da un ragazzo che ora lo conserva come reliquia insieme a vere frecce.
Le sfide tra bande più godute erano nelle capanne montate in pineta, ma anche dando calci a palloni di cenci ammassati, nella proibita pesca alle anguille sul torrente, nell’allestire scenette, suonare i campanelli delle case e fuggire, il Giro d’Italia in miniatura con tappini delle bibite.
Il gioco è essenziale per crescere, fa capire che basta poco per fraternizzare, lo ha ricordato la responsabile delle attività culturali di Filattiera che ha dedicato al gioco un Almanacco.
Studiare i modi di giocare dei popoli interessa tutte le discipline che ora chiamiamo scienze umane, se ne occupa anche Rossana Piccioli portando esempi di giochi liberi, senza pericoli, quelli denominati gioco della bugia, del far scorrere biglie di vetro, dell’intreccio dello scubidù, l’abilità di mosse dei bastoncini dello shangai.
In particolare è venuto fuori il gioco-mondo di tipo iniziatico per indovinare forse percorsi criptici come nei labirinti. C’è universalità nel gioco, ha richiami culturali e forse è un archetipo della storia umana. Quelli rintracciati localmente tra noi hanno affinità con altri rinvenuti ovunque e da tempi antichi.
Un ricercatore fu Carlo Tacito Tonfoni che arrivò a raccogliere nello Spezzino 4.500 giochi, trastulli e schiribizzi. Non può mancare il gioco della dama e degli scacchi, ma Sergio Marchi ha scarpinato vicino e lontano per ricercare da amatore i “tavolieri”, lastre con incisi schemi per collegare punti per linea retta o in diagonale di caccia tra lupo e pecore, sono i filetti presenti in molto luoghi dell’Europa e in Lunigiana trovati a Vignola, Orto dei Cappuccini, al Piagnaro, Torrano, Castangiola, Arzengio, Ponticello, Gragnola e altri luoghi.

Maria Luisa Simoncelli