
Il primo tentativo di scindere i destini di Spezia da Genova fu del 1871. Il progetto non prevedeva l’istituzione di una provincia con capoluogo Spezia, ma di riunire alla provincia di Massa il circondario del Levante.
Massa accolse con favore la proposta al punto che la Deputazione Provinciale propose di chiamare “Provincia della Lunigiana” il nuovo ente. La città apuana sperava così di allontanare l’ipotesi di soppressione della propria provincia, costituita in via provvisoria nel 1859, all’indomani della conquista piemontese del Ducato di Modena, e che comprendeva un’area eterogenea e in larga parte priva di legami storici e sociali con il capoluogo: la Garfagnana, l’Alta Lunigiana, gli ex feudi lunigianesi uniti ai territori estensi dopo il 1815. Manfredo Giuliani non esitò a definire la provincia apuana come “ultima superstite conseguenza del Congresso di Vienna”.
Un singolare svarione, tuttavia, seppellì la proposta in una sola seduta parlamentare: in Senato il relatore, il liberale Luigi Chiesi, male interpretando le istanze spezzine, affermò che per elevare a prefettura la città del Golfo “si dovrebbe uccidere la Provincia di Massa”. Successivi tentativi di costituzione della nuova provincia furono reiterati fino a fine secolo, quando il movimento per il passaggio della Garfagnana da Massa a Lucca e quello promosso dal sindaco pontremolese Cimati per il passaggio dell’Alta Lunigiana a Parma, sgretolarono il disegno originario.
Dal fallimento di questa iniziativa prese corpo un nuovo disegno: fare della Spezia il capoluogo di una provincia che comprendesse l’intera provincia di Massa, la Garfagnana, i mandamenti di Sestri Levante e Varese Ligure e quelli di Pietrasanta, Viareggio, Camaiore e Barga.

Fu Giovanni Battista Paita, sindaco spezzino dal 1889 al 1891 e poi deputato, a farsi promotore dell’ambizioso obiettivo, scaturito dalla consapevolezza che con la crescita demografica e commerciale successiva all’istituzione dell’Arsenale, con la nuova ferrovia Pontremolese, il porto mercantile e la nuova via che congiungeva la città alla strada della Cisa attraverso Ceparana e Albiano, Spezia era divenuta il punto di riferimento di un vasto entroterra.
La riunione in una sola circoscrizione di quello che fu di fatto l’antica Diocesi di Luni incontrò tuttavia non pochi oppositori: Sarzana, per la quale alcuni rivendicavano il ruolo di capoluogo in qualità di erede diretta di Luni e altri temevano il trasferimento del Tribunale; l’onorevole repubblicano Eugenio Chiesa e il senatore Camillo Cimati a tutela delle prerogative di Massa; Carrara, che contro il paventato utilizzo del porto spezzino per l’esportazione del marmo, nel 1912 riuscì a fare approvare nella Deputazione provinciale il progetto di un nuovo porto sul litorale sabbioso dell’Avenza.
Uno dei congressi per il riordinamento amministrativo, quello della Spezia del 1913, sancirà la linea perseguita nel decennio successivo, di cui fu tessitore Ubaldo Formentini. Consapevole dell’impossibilità di ricomporre interessi tanto divergenti, Formentini trovò il sostegno del congresso su una proposta basata sull’istituzione di una provincia della Spezia comprendente Sestri, Varese ligure e le intere valli del Magra e del Vara e di una provincia di Massa che, spogliata anche della Garfagnana in favore di Lucca, ottenesse i mandamenti di Pietrasanta, Camaiore e Viareggio, a costituzione di una circoscrizione del marmo. A Roma però, dieci anni dopo, le decisioni furono diverse.
(d.t.)