Siccità e secondo inverno più caldo in Europa

Le temperature sono state in prevalenza superiori alla media

Questo inverno è dal punto di vista climatologico il secondo più caldo mai registrato in Europa con una temperatura superiore di quasi 1,5 C° alla media della stagione 1991-2020. I valori più alti si sono avuti nell’Europa orientale e nel nord dei paesi nordici, ma anche l’area mediterranea è coinvolta. Sono dati diffusi da Coldiretti sulla base degli studi del sistema europeo Copernicus Climate Change Service (C3S), che evidenzia anomalie del clima nei Paesi del Vecchio Continente.
A questa situazione, già di per sé molto preoccupante, si sono accompagnate scarse precipitazioni, per cui in tutta Europa è scattato l’allarme siccità che impatta sulle produzioni agricole: dai fiori francesi destinati ai profumi alle ghiande per alimentare i maiali spagnoli. In Italia la mancanza d’acqua rischia di aggravare la dipendenza dall’estero di alimenti per la dieta degli animali di allevamento.
La situazione più drammatica si registra nella Pianura Padana – spiega Coldiretti – dove nasce quasi un terzo dell’agroalimentare Made in Italy e la metà dell’allevamento. La disponibilità idrica rende possibile produrre gli alimenti base della dieta mediterranea: grano duro per la pasta, salsa di pomodoro, frutta, verdura… fino al mais per alimentare gli animali e produrre Parmigiano reggiano, Grana Padano, prosciutto o culatello.
Le previsioni di semina del riso indicano un taglio di 8mila ettari, il minimo da 30 anni. In vista della Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo) promossa dall’Onu, si è svolto a Roma un convegno sull’uso sostenibile dell’acqua in agricoltura che – dice Vincenzo Romano Spica, direttore del laboratorio epidemiologie e biotecnologie dell’Università Foro Italico di Roma e direttore scientifico di Aquae – “rappresenta il settore principale per il consumo dell’acqua, inserito come è in un punto critico tra la disponibilità della risorsa idrica e la filiera produttiva e alimentare, con implicazioni sulla sopravvivenza stessa e sulla salute delle prossime generazioni”.
Il tema, acuito dai cambiamenti climatici, è delicato e richiede consapevolezza, competenza e cooperazione. “La tradizione rurale deve certo conciliarsi con la realtà globalizzata, con il progresso tecnologico e l’innovazione incessante, ma occorre un equilibrio – precisa Spica – affinché questo processo non venga subìto, ma piuttosto condiviso e accompagnato”.
Gli agricoltori e tutta la società devono partecipare attivamente a rinnovare le comunità di accesso all’acqua specie a livello locale, attraverso sinergie pubblico-privato, che tengano certo conto dei cambiamenti climatici e dell’innovazione e favoriscano un autentico progresso culturale. Non c’è spazio per buonismi bucolici, occorre preparazione professionale”.

Agenzia Dire