Obiezione di coscienza: il diritto di servire il Paese senza dover imbracciare le armi

Dicembre 1972. Cinquanta anni fa il Parlamento approvava la legge

Ricorre in questi giorni il cinquantesimo anniversario dell’approvazione della legge n. 772 del 15 dicembre 1972, che introdusse le Norme in materia di obiezione di coscienza nell’ordinamento giuridico italiano, consentendo in tal modo ai giovani “chiamati alle armi” di svolgere il servizio civile in alternativa a quello militare, salvaguardando in tal modo il dovere costituzionale di difesa dello Stato. Primo firmatario fu Giovanni Marcora. Il mio ricordo corre ai primi anni del mio insegnamento, quando, agli studenti del liceo artistico, leggevo l’autodifesa di don Lorenzo Milani nel processo cui fu sottoposto per vilipendio alle forze armate, avendo scritto “L’obbedienza non è più una virtù”.
Non dimentichiamo che il reato di vilipendio alle forze armate obbligava a non rifiutarsi di portare le armi né di svolgere il servizio militare, insomma era una grave limitazione della libertà personale. Qualche anno prima, in Francia, era uscito il film di Claude Autant-Lara “Non uccidere”, sottoposto in prima istanza, in Italia, al veto della censura. Nel nostro Paese, d’altronde, il confronto sul tema fu aspro: da un lato l’establishment che non riconosceva dignità al rifiuto di indossare la divisa, dall’altro diversi obiettori per motivi religiosi o politici. Molti i Testimoni di Geova, i Pentacostali e gli Avventisti e, in campo cattolico, voci profetiche come quella di Giuseppe Gozzini, Fabrizio Fabbrini, don Primo Mazzolari, padre Ernesto Balducci e lo stesso don Lorenzo. Il tema fu portato avanti anche da eminenti personalità laiche, come Aldo Capitini (ideatore della prima marcia della pace Perugia-Assisi), per non parlare del mondo radicale.
Nel 1969 la commissione Justitia et Pax prende posizione, affermando che “il cattolico può essere un obiettore di coscienza a causa della sua formazione e della sua fede religiosa”. Tutti fatti che, uniti al sempre maggior numero di processi legati a tale argomento, mettono sotto pressione il Parlamento, aprendo la strada alla legge sopra ricordata. Ci saranno altri passaggi che porteranno all’equiparazione della durata dei servizi militare e civile, poi al riconoscimento dei diritti degli obiettori, infine all’istituzione del servizio civile nazionale. Per un cristiano l’approccio al tema era facilitato dal Vangelo. Se ognuno di noi è creatura di Dio, porta in sé la sua impronta, è in qualche modo divino esso stesso, è prezioso, dunque nessuno può essere al di sopra, nessuna forma di organizzazione umana, siano le leggi dello Stato, sia, spero di non scandalizzare, catechismi e formulazioni dottrinali, come secondo me ha insegnato in via definitiva il Concilio Vaticano II. Di più, senza questa libertà totale, cioè senza la totale responsabilità delle nostre azioni e comportamenti non può esistere la coscienza morale.
Cosa significa oggi ricordare il cinquantesimo di quel passo avanti della civiltà? Mi viene in mente il testamento morale di Pietro Scoppola, “Un cattolico a modo suo”. La definizione gli fu riconosciuta da Paolo VI. Significa affrontare i problemi attuali della vita, della politica, con una marcia in più. Significa sapere che spetta a te farti carico delle difficoltà che incontri, significa che non aspetti che si muovano gli altri, che tu fai il tuo anche se nessuno si muove, con la speranza, come dice Papa Francesco, che, essendo il bene contagioso, in tanti affronteremo le difficoltà del nostro tempo, questo tempo, quello che ci è dato di vivere, come diceva Aldo Moro; questo, anche se magari non ci piace. Penso al nostro Paese, alla crisi della politica, penso alla situazione internazionale; penso a un pianeta depredato dal primato concesso all’economia; penso alle guerre di distruzione di massa; penso a un mondo molto ingiusto, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri; penso al rifiuto dell’accoglienza; penso al primato della propaganda nella comunicazione; penso a una politica che non sa esprimere il suo indispensabile primato sull’economia. La ricorrenza del cinquantesimo dell’approvazione della legge sull’obiezione di coscienza deve risvegliare in tutti noi la voglia di aiutarci per migliorare il mondo. Fabrizio Geloni