Proteggere le vittime di maltrattamenti e soprusi

Nove anni di sofferenze morali e, con tutta probabilità, fisiche per i probabili maltrattamenti: un mix che ha portato una bambina napoletana ad avere la colonna vertebrale deformata e diverse fratture scomposte, con la grave aggiunta di non avere ancora imparato a parlare e di non riuscire a camminare.
A Bologna, invece, si è avuto il femminicidio numero 77; vittima una donna, Alessandra Matteuzzi di 57 anni, massacrata a martellate dall’ex compagno, incapace di accettare la fine della relazione. In entrambi i casi, sono state poste sotto accusa le istituzioni per non aver colto la situazione paradossale della bambina per tutti questi anni e per non aver risposto adeguatamente alle denunce presentate dalla donna.
I gravi problemi sollevati da delitti di questo tipo vanno almeno in due direzioni: l’assurdità del comportamento umano, che porta a gettar via la vita altrui così come la propria, e la necessità di intervenire perché certe cose non abbiano più ad accadere. Il primo aspetto è veramente difficile da comprendere e dipanare. Il degrado di una famiglia, di genitori, che trattano una bambina in quel modo non ha bisogno di tante parole per essere descritto e condannato. Ma la condanna, in questo come in tanti altri casi di emarginazione sociale, non è sufficiente. Anche se costa fatica non cedere alla legge del taglione, bisogna fare uno sforzo per comprendere che il primo intervento, se si vuole che certe situazioni non si ripresentino, deve essere fatto sul piano sociale, provando a rimuovere tutte le “povertà” che conducono a certi esiti. Per questo le istituzioni non possono fare a meno di assumersi le responsabilità legate al ruolo che esse svolgono, per non aver dato, in questi ultimi anni di continui tagli a certi servizi, gli strumenti necessari al contrasto di questi tipi di povertà. Ed anche i singoli operatori dovrebbero fare un serio esame di coscienza per capire se davvero è stato fatto di tutto per togliere questa bambina da una situazione così drammatica.
Altrettanto forte è il grido di allarme suscitato dal delitto di Bologna e anche in questo caso due sono i risvolti da analizzare. Il primo riguarda il rapporto tra uomo e donna che, nonostante i molti passi avanti compiuti, in troppi casi resta ancorato a un’idea di “amore” – se così lo si vuol chiamare – confusa con quella di possesso. Certo, anche in questo caso un peso determinante è dato dal grado di maturità delle persone ma porre fine ad una vita va oltre ogni idea di sottosviluppo culturale. Se, poi, a tutto ciò – dando credibilità alle dichiarazioni dei famigliari – si affianca una risposta “rallentata” della giustizia a fronte di una denuncia per un reato che meriterebbe corsie preferenziali di intervento, allora, davvero, riesce difficile sperare che certi fatti non debbano più ripetersi per la vergogna di tutto un Paese.

Antonio Ricci