Il dialetto pontremolese conserva sempre il suo fascino
Un momento della serata dedicata al dialetto pontremolese. Con, da sinistra, MArio Mori, Luciano Bertocchi, Alberto Bellotti e Maria Luisa Necchi
Un momento della serata dedicata al dialetto pontremolese. Con, da sinistra, MArio Mori, Luciano Bertocchi, Alberto Bellotti e Maria Luisa Necchi

è sempre con un certo stupore che si viene a prendere atto che, ogni volta che viene organizzata una serata impostata sulla rievocazione della nostra vicenda dialettale, il successo è comunque garantito, qualunque siano la stagione e il contesto. Così, giovedì 25 agosto, in una Piazzetta della Pace decisamente dimessa e piuttosto in ombra, mattatore Alberto Bellotti, supportato alla grande da Mario Mori e Maria Luisa Necchi, coordinati da Luciano Bertocchi, si è svolta una serata, organizzata dall’amministrazione della Pro Loco Pontremoli, dedicata alla poesia pontremolese e, in particolare, i suoi grandi interpreti che non sono più. Partendo da Luigi Poletti, vero e proprio inventore del genere, passando per Giovani Bellotti, Cesare Reisoli, Piero Bertolini, Aldo Bertolini. Giulio Tifoni, Luigi Musetti, Amelio Bertocchi, Sandro Michelotti, Renato Lucchesi, Guido Moscatelli, Alberto Angella e Mauro Rocati, è stato ripercorso nei suoi momenti più significativi un itinerario poetico che resta patrimonio insostituibile dell’identità pontremolese. A proporlo, un Alberto Bellotti in grande spolvero, per il quale il dialetto ha senso solo se recitato e non letto, e quindi ha offerto il tutto a memoria lasciando di stucco molti dei non pochi presenti. Lo hanno supportato un Mario Mori in piena forma, che ha rievocato tanti gustosi episodi della SS. Annunziata di altri tempi, che nulla però hanno perso dello smalto della nostra gente, e Maria Luisa Necchi che ha dato un saggio della grandezza indiscutibile di Pasquin, il maestro Bruno Necchi, senza il quale la nostra storia del Novecento perderebbe molti dei suoi significati più genuini. Una serata conclusa con il canto collettivo de “Al Kampanùn”, inno conclamato della nostra città, proposto senza ritegno per la conduzione esperta del prof. Angelo Bianchi. Un’iniziativa costruita in sordina, cui però i pontremolesi, e non solo, hanno saputo dare il giusto valore, a dirci che forse ci vuole poco per ritrovare il senso di appartenenza, che può essere riscoperto anche senza troppo impegno, ma spesso solo per il desiderio di dare un significato alle proprie origini, spesso improvvidamente trascurate.