Carlo Maria Martini: un vescovo  e la sua città

Il convegno dell’Università Cattolica, sulla figura del porporato arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002. “Una lezione religiosa e civile ancora viva nel ricordo di tanti”

Promosso dall’Università Cattolica con il dipartimento di Storia, archeologia e storia dell’arte dello stesso Ateneo e il centro di ricerca World History – Civiltà e culture nel mondo contemporaneo, in collaborazione con il Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, si è tenuto lunedì 9 maggio, in largo Gemelli a Milano, il convegno Carlo Maria Martini: un vescovo e la sua città, prima riflessione storica sulla figura del cardinale, arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002. In vista del decennale della morte, avvenuta il 31 agosto 2012, il comunicato di presentazione ha definito questa “un’occasione preziosa per esprimere il debito di riconoscenza che la città, le sue istituzioni, i suoi uomini e le sue donne sentono nei suoi confronti per una lezione religiosa e civile che ha fortemente segnato la vita del capoluogo lombardo e che è ancora viva nel ricordo di tanti”. Un’opportunità per “approfondire la conoscenza di questa figura e del suo episcopato, ispirato alla Parola di Dio e al Concilio Vaticano II, che si possono comprendere pienamente solo confrontando la situazione odierna profondamente mutata rispetto al tempo in cui Martini è vissuto”.
Molte le personalità del mondo cattolico e della società civile presenti al convegno, introdotto da Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea dell’Università Cattolica. Tre le relazioni principali: l’attuale arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha proposto una riflessione sotto il profilo pastorale; lo storico Andrea Riccardi ha tracciato un ritratto complessivo del cardinale in relazione alle grandi questioni della Chiesa e della società tra il XX e il XXI secolo; infine, mons. Pierangelo Sequeri ha analizzato la figura di Martini dal punto di vista teologico. Altri studiosi si sono avvicendati per approfondire, sulla base di studi e ricerche, la sua personalità.

Il card. Carlo Maria Martini (1927 – 2012)

Mons. Delpini ha cercato di rispondere alla domanda: perché capita ancora molto spesso che ci siano persone oggi che argomentano dicendo: “come diceva il card. Martini”?. Ed ha sottolineato come Il fatto che l’episcopato del card. Martini si sia disteso per oltre vent’anni non sia un dato ininfluente o marginale. Ha parlato di “dinamica dell’autorevolezza”, alla quale contribuiscono la qualità della persona, la sua capacità comunicativa, l’attrattiva dei valori che propone.
Ha definito “provvidenziale” la scelta di Giovanni Paolo II di inviarlo a Milano come arcivescovo – da rettore del Biblico e della Gregoriana che era – una decisione che “ha contribuito a fare di Martini un punto di riferimento universalmente conosciuto, chiamato in ogni parte del mondo a predicare, insegnare, incontrare”. Il magistero del card. Martini, ha proseguito Delpini, si è alimentato del tema della Scrittura e della Parola di Dio. Si può dire che tutta la sua missione si sia concentrata “nell’intento preciso di voler richiamare la Chiesa di Milano e tutta la Chiesa a questo riferimento sostanziale alla Parola”. La sua fiducia nella parola parlata “è una espressione della convinzione che parlando, nell’incontro in presenza, è possibile farsi capire, aiutare a capire”.
Poi l’importanza dell’insegnamento, confermata dai nomi dati alle forme più note del suo magistero: la “scuola della Parola” come proposta di formazione per i giovani; la “cattedra dei non credenti” come momento di confronto e dialogo su alcuni temi e sfide del presente. Infine, l’immagine di Martini come “progressista”. L’arcivescovo ha cercato di dare un senso all’idea di un Martini “avanti” e “aperto”, sottolineando tre temi. La sinodalità come metodo e come pratica, con la costante attenzione a un lavoro volutamente condiviso con collaboratori, con organismi diocesani e con la celebrazione di Assemblee diocesane.
L’evoluzione di Milano verso una società plurale, multi-etnica, multi-religiosa, multi- culturale. La destinazione prioritaria alla singola persona, che lo ha portato all’incontro con tanti che in lui hanno trovato un interlocutore sensibile. In qualità di storico, Andrea Riccardi ha ricordato come Martini sia stato per anni l’autore più tradotto all’estero. Negli anni romani, il cardinale aveva scoperto la Comunità di Sant’Egidio, un’esperienza ai suoi primi passi, che coniugava ascolto della Parola e servizio ai poveri. Tre i luoghi che Martini ha amato: Roma, città della giovinezza; Gerusalemme, la città dove ha lasciato il cuore e dove sperava di attendere la fine dei suoi giorni; Milano, dove lui ha capito la vera dimensione della città. Sono ancora molto da studiare e da chiarire i suoi rapporti con i Papi nel corso dell’episcopato, a partire dalla comune ascesi dell’ascolto sua e di Giovanni Paolo II. La relazione di mons. Sequeri, preside dell’Istituto Giovanni Paolo II di Roma, ha avuto al centro il rapporto tra teologia e predicazione, appoggiandosi su articoli e interventi di Martini e definendo il suo imprescindibile rapporto col canone biblico come regola per la comprensione dei fatti, celebrati o fraintesi, dell’azione di Dio nella storia.

Antonio Ricci