Cesare Arzelà, il pioniere dell’analisi matematica venuto dalla Val di Magra

110 anni fa, il 15 marzo 1912, la morte del matematico di Santo Stefano Magra Cesare Arzelà precursore degli studi sull’analisi funzionale

Cesare Arzelà (1847 – 1912)

Per alcuni l’analisi matematica è qualche cosa di sconosciuto. Per altri è un ricordo degli studi liceali, o in qualche caso tecnici, sepolto dal tempo e dal mancato esercizio, eccezion fatta per chi ha intrapreso studi universitari di fisica, ingegneria o matematica. Calcolo differenziale, derivate e integrali possono apparire termini con i quali si identificano concetti astratti e di scarsa applicazione pratica. In realtà, a partire dal primo trentennio del Novecento si intuì che l’analisi funzionale, cioè quella branca dell’analisi matematica che ha come oggetto di studio spazi i cui elementi non sono più numeri reali ma funzioni, potesse rappresentare uno strumento per trattare molti problemi della fisica ed in particolare nell’ambito della meccanica quantistica, che negli stessi anni si sviluppava spiegando il comportamento della materia nel mondo microscopico (elettroni, nuclei, atomi, molecole ecc.).
Perché la pagina dalle pretese “culturali” del nostro settimanale si occupa di argomenti così complessi e poco attraenti per un pubblico non specializzato? Una prima risposta risiede nel fatto che l’origine dell’analisi funzionale risiede in Italia. Nella seconda metà del XIX secolo infatti vi fu un grande sviluppo della creatività dei matematici italiani. Tra i nomi più famosi ci sono quelli di Giulio Ascoli (1843-1896), Ulisse Dini (1845-1918), Giuseppe Peano (1858-1932), Salvatore Pincherle (1853-1936) e Vito Volterra (1860-1940).
Ma a questa lista va aggiunto un ulteriore nome, quello di Cesare Arzelà, nato a Santo Stefano Magra il 6 marzo 1847 e morto nel paese natio 110 anni fa, il 15 marzo 1912. Un lunigianese, quindi, nel senso di quella Lunigiana che oggi definiamo “storica” che al tempo era intesa come un’area ben più ampia della sola alta val di Magra.
Di famiglia benestante, il giovane Arzelà studiò al Ginnasio di Sarzana tra il 1856 e il 1858, per poi trasferirsi al liceo di Pisa. Nel 1865 entrò all’Università di Pisa, immatricolato nella sezione di Fisica matematica, ed ottenne un posto alla prestigiosa Scuola Normale Superiore.
Conseguita la laurea nel 1869, dovette rinunciare all’opportunità di studi di perfezionamento all’estero: la borsa di studio di 1.500 lire non era sufficiente per intraprendere il percorso, e la famiglia, che manteneva allora altri tre figli agli studi, non poteva integrare la somma. Arzelà ripiegò sulla carriera di insegnante: la prima nomina fu a professore di matematica nel Liceo di Macerata. Due anni dopo tornò a Pisa per insegnare all’università come assistente di Ulisse Dini. Poi un nuovo ritorno all’insegnamento superiore, a Savona, Como e Firenze.
In quegli anni Arzelà prosegue l’attività di ricerca, mentre sotto il profilo didattico a Firenze, presso l’Istituto tecnico, ha come allievo Vito Volterra. Arzelà passò definitivamente all’università nel 1878, diventando professore di Algebra all’Università di Palermo e, nel 1880, di Calcolo infinitesimale all’ateneo di Bologna dove, nel 1884 raggiunse il grado di Ordinario. Nella città felsinea svolse quasi per intero la sua attività didattica e scientifica.
Con Santo Stefano Arzelà mantenne costanti contatti e tornava nei momenti di tempo libero. Salvatore Pincherle, nella commemorazione ufficiale che l’Ateneo gli riservò poco dopo la morte, diede testimonianza di ciò: “nelle vacanze estive il soggiorno nel prediletto suo paese nativo, chiuso da quei ridenti colli vestiti di ulivi e di vigneti, dalle cui vette si scorge l’azzurro del Tirreno” dove attendeva “alla coltivazione dell’ameno podere, (…) interessandosi al benessere, al miglioramento morale ed economico di quei terrazzani”. Una precoce arteriosclerosi non lo distolse dall’insegnamento e dalla ricerca fino all’aprile del 1911, quando Arzelà lasciò Bologna per Santo Stefano dove morì sessantacinquenne.

 

Il lavoro scientifico, i legami con Santo Stefano Magra

I principali contributi scientifici di Cesare Arzelà riguardarono la teoria delle funzioni di variabile reale. In particolare, nel 1895, Arzelà pubblicò l’articolo “Sulle funzioni di linee”, in cui dimostrò il risultato per cui è ancora oggi noto con il nome di Teorema di Arzelà-Ascoli: la determinazione della condizione necessaria e sufficiente per la continuità della somma di una serie di funzioni continue e il criterio di uguale continuità. Anche sotto il profilo divulgativo, il matematico lasciò tracce importanti. Il suo “Trattato di algebra elementare” del 1880 si affermò come il testo più diffuso di matematica per le scuole superiori.
I legami di Arzelà con Santo Stefano rimasero intensi lungo tutta la sua vita. La facciata del palazzo di famiglia lungo la statale della Cisa, poco più a sud del centro storico, reca la lapide commemorativa dell’illustre cittadino, posata dall’amministrazione comunale nel 1947, nel centenario della sua nascita: “geniale maestro del calcolo infinitesimale / nell’ateneo di Bologna / accolto in seno d’accademie insigni / Cesare Arzelà / qui visse / in pause di raccoglimento serene e feconde / trovando l’ispirazione / alle originali ricerche matematiche / che ne portarono la rinomanza / oltre i confini della patria”.
Più a sud, si trova la villa di campagna della famiglia, oggi inglobata dall’espansione urbana ma riconoscibile dalla caratteristica facciata in rosso pompeiano. A Santo Stefano, al concittadino sono dedicate la via che porta alla stazione ferroviaria, la Biblioteca Civica e il plesso della scuola primaria della frazione Madonnetta. Sarzana, la cittadina dei primi studi del professore, ha dedicato ad Arzelà l’Istituto tecnico commerciale. Nel 2014 la scuola è stata unificata con il Liceo Parentucelli, ossia l’istituzione scolastica sorta come completamento della scuola ginnasiale in cui il maestro dell’analisi funzionale mosse i primi passi della sua carriera scientifica.

Davide Tondani