Carlo Pisacane e l’alternativa  popolare per il  Risorgimento

Lo scontro tra il “partito” democratico repubblicano di Mazzini e quello liberale moderato monarchico guidato dal Cavour che si profila vincitore: il 1857 anno di svolta. I trecento da Ponza a Sapri e il massacro degli insorti ad opera di Borboni e contadini

Giuseppe Sciuti, “Un episodio della spedizione di Carlo Pisacane a Sapri” (1890). Particolare

Il 1857 è un anno di svolta per trovare una soluzione al Risorgimento d’Italia. Il “partito” liberale moderato monarchico guidato dal Cavour si profila vincitore su quello democratico repubblicano guidato da Mazzini e da gruppi di anarchici e di socialisti, già divisi tra utopisti, marxisti e risorgimentali di Giuseppe Ferrari. Il capo del governo piemontese Camillo Benso conte di Cavour, facendo partecipare i bersaglieri alla guerra di Crimea contro i russi, aveva ottenuto un posto al congresso di pace di Parigi per denunciare, fuori ordine del giorno, il pericolo di rivoluzione estremista repubblicana, se le potenze europee non avessero aiutato la linea d’azione moderata della questione italiana.
Mantenendo lo Statuto albertino, il regno sabaudo divenne un’Italia in miniatura accogliendo gli esuli dagli altri Stati italiani, che arricchirono la vita culturale e politica e in buona parte abbandonarono la pregiudiziale mazziniana e repubblicana e crearono nel 1857 la Società Nazionale, col motto “Italia e Vittorio Emanuele II” di cui fu vicepresidente Giuseppe Garibaldi, un mazziniano della prima ora e appassionato difensore della Repubblica Romana di Mazzini, Armellini e Saffi, gloriosa, se pur breve (9 febbraio-2 luglio 1849). In questo anno si ebbero anche gli ultimi moti mazziniani, che scoppiarono simultaneamente nel Napoletano, a Genova e in Toscana, anche questi fallirono tutti.

Carlo Pisacane (1818 – 1857)

Il più audace moto fu eseguito da Carlo Pisacane (Napoli 1818- Sanza 1857): il patriota era stato critico nei confronti delle idee di Mazzini, ma nel 1855 si riavvicinò, fece rotta su Ponza, liberò circa trecento detenuti e il 28 giugno 1857 sbarcò a Sapri; invano cercò di sollevare le masse popolari convinto che fossero pronte per conquistare l’indipendenza e la libertà. Invece soldati borbonici e contadini massacrarono 83 insorti presso Padula, gli altri ripararono a Sanza ma qui furono attaccati dai contadini radunati dal parroco. Pisacane ferito si uccise. Si ripeteva l’errore di valutazione delle possibilità insurrezionali esistenti nel Mezzogiorno d’Italia già compiuto nella Repubblica Partenopea del 1799 assalita da bande di sanfedisti e nell’impresa, che Mazzini aveva sconsigliato, fallita tragicamente dei fratelli Bandiera del 1844, a cui partecipò anche il liccianese Anacarsi Nardi: le masse popolari non erano ancora pronte alle riforme istituzionali e sociali .
Nel suo ampio Saggio storico, politico e militare sulla situazione italiana Carlo Pisacane, che aveva combattuto nelle 5 Giornate a Milano, nella I guerra di Indipendenza e in difesa della Repubblica Romana del 1849, afferma la priorità della rivoluzione sociale su quella politica. Il suo progetto insurrezionale mirava ad abolire la proprietà privata,a statalizzare i mezzi di produzione e a superare il principio di autorità perché la sovranità è diritto naturale inalienabile e non delegabile dell’intera nazione. Sono idee che preludono alle posizioni degli anarchici.

Fu a Sarzana il 28 giugno 1857 l’ultimo moto insurrezionale mazziniano

L’ultimo moto mazziniano fu organizzato a Sarzana per il 28 giugno in concomitanza con quello di Sapri e doveva estendersi fino a Genova e a Livorno per il 30 giugno, ma il progetto venne scoperto e fallì. Altra ultima congiura fu forestiera, messa in atto da Felice Orsini, fervente mazziniano, però in disaccordo col Mazzini stesso: il 14 gennaio 1858 lanciò tre bombe a Parigi contro la carrozza di Napoleone III, il bersaglio della famiglia dell’imperatore non fu colpito, ma grave fu la strage fra la folla.
Per Cavour, che aveva bisogno di un alleato per liberare il Lombardo Veneto dagli austriaci, l’attentato fu utile a firmare a Plombiéres alleanza coi francesi decisiva nella seconda guerra di Indipendenza.
Nel saggio di Manlio Cancogni “Gli angeli neri. Storia degli anarchici italiani da Pisacane ai Circoli di Carrara” (Mursia, Milano 2011) il Pisacane (nella foto) è interpretato come “il primo vero libertario nostrano”, “padre” degli agitatori anarchici: questi si sentono così autodisciplinati da “essere contro ogni forma di autorità politica, economica, religiosa”. Hanno come capoluogo riconosciuto Carrara in una “Lunigiana terra di ribelli” scrive Cancogni e dice perché ribelli. “Il carrarese ha acquisito certe caratteristiche spirituali dall’abitudine di lavorare il marmo” e i sociologi dicono che ne è venuto “l’individualismo degli abitanti” e condivide con Jole Fiorillo Magri, studiosa e docente negli USA, che il carrarese è anarchico ed è anche “solitario e scontroso, sostanzialmente asociale e misogino”.
Ne viene che Carrara è universalmente riconosciuta patria di libertari, dopo il precursore Pisacane, vennero Bakunin, Anna Kuliscioff, Andrea Costa, che suggestionò anche il giovane poeta Pascoli, Errico Malatesta, Cafiero; alcuni passarono a pratiche di trasformismo parlamentare, tutti in disaccordo coi mazziniani e coi socialisti. Carrara, con questa indole attribuita ai suoi abitanti, nel 1894 conosce gli scioperi e il ribellismo del diffuso anarchismo e dei Fasci lunigianesi. Sconfitti politicamente, gli anarchici ebbero la loro rivincita nel mondo artistico e letterario, un modello è Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: conduceva vita randagia e libera: era un poeta. 

Maria Luisa Simoncelli