Presentata sabato 26 marzo a Sarzana, era attesa da decenni
Chi sabato 26 marzo, alle ore 16, nella sala del Consiglio Comunale di Sarzana ha potuto partecipare alla Presentazione del lavoro completo de L’edizione digitale del Codice Pelavicino, coordinato con la consueta competenza da Egidio Banti, non ha assistito ad un semplice accadimento ma ad un evento, cioè ad un fatto di rilevante importanza. La trascrizione del Codice che porta il nome del vicario imperiale di Lunigiana del 1239, era infatti attesa da decenni. Da quando cioè il professor Pietro Fedele, dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, incaricò, nel 1940, Geo Pistarino di redigere una nuova edizione del Codice Pelavicino, più completa e corretta di quella pubblicata nel 1912 da Michele Lupo Gentile, l’unica esistente almeno fino al 2014. La guerra interruppe il lavoro ed il progetto rimase inattuato a causa del dilatarsi degli interessi e degli impegni accademici del professore.
Se ne riparlò nel 1987 in occasione del convegno: Alle origini della Lunigiana moderna nel settimo centenario della redazione del Codice Pelavicino ma fu, nel 2001, a seguito delle pressioni di alcuni membri dell’Accademia Capellini che il professor Pistarino accettò di portare a termine l’impresa. Tuttavia, l’età avanzata ed i problemi di salute, lo indussero ad avvalersi della collaborazione di Edilio Riccardini e di Laura Balletto, i quali, a partire dal 2004, trascrissero gran parte dei documenti che furono digitalizzati da Franco Mariano, membro dell’Accademia Capellini. Si trattava di un lavoro lunghissimo ma indispensabile, che andava compiuto direttamente sul testo, talvolta non perfettamente leggibile e si rese necessaria la richiesta di ulteriori collaboratori quali Romeo Pavoni ed Enrica Salvatori, docente di Storia medievale all’Università di Pisa.
Si consideri che il Codice si compone di 529 documenti diversi che, per poter raggiungere un adeguato livello scientifico, necessitano di continue pazienti revisioni. Furono quelli anni travagliati se, nel 2009, Laura Balletto concludeva il suo saggio in onore a Geo Pistarino esclamando: «la nuova edizione del Codice Pelavicino continuerà a rimanere un’opera incompiuta?». Purtroppo, per cause non dipendenti dalla sua volontà, ci è mancata la presenza di Edilio Riccardini che con la sua relazione: La struttura del Codice Pelavicino, avrebbe testimoniato direttamente il competente lavoro da lui svolto per molti anni su quei documenti.
Nel 2014 Enrica Salvatori, divenuta direttrice del Laboratorio di Cultura Digitale dell’Università di Pisa, propose il passaggio ad un’edizione digitale che fu accettata dagli enti interessati, il Capitolo della Cattedrale di Sarzana, l’Accademia Capellini ed il Centro di Formazione e Cultura Niccolò V. I documenti sono stati pubblicati su un sito consultabile gratuitamente su internet. Gli interventi di Roberto Rosselli Del Turco e di Angelo Mario Del Grosso con le rispettive relazioni: EVT: il viewer del Codice Pelavicino Digitale; Forme di elaborazione per il Codice Pelavicino Digitale hanno accuratamente illustrato questi strumenti che permettono, ad un vasto pubblico, di interagire con la ricerca conclusa, ma ancora in atto, sempre perfezionabile, come ha spiegato Enrica Salvatori nella sua relazione: Il Codice Pelavicino restituito a cittadini e studiosi.
Una scelta operata fin dall’inizio è stata quella di affiancare l’immagine del documento, che si può ingrandire con una lente permettendo di leggere meglio i caratteri, alla trascrizione del testo, preceduta da un breve regesto che ne spiega il contenuto. Non solo, ma l’apertura di un sistema di posta elettronica, che informava gli interessati sull’uscita dei nuovi documenti, metteva in condizione studiosi di formazione diversa, di interagire direttamente con i redattori del testo, di suggerire modifiche, di riconoscere la ricca micro-toponomastica presente nei documenti, di sperimentare il funzionamento della ricerca on line, ha fatto si che questa edizione digitale sia veramente innovativa.
Una raccolta di documenti, suddivisa in quattro parti, che attestano la giurisdizione vescovile in Lunigiana dal X al XIII secolo, pensata da uno dei suoi presuli più famosi Enrico da Fucecchio e realizzata prevalentemente tra il 1287 ed il 1289, durante il suo episcopato, oggi si può consultare liberamente dal tavolo dello studio.
Uscita dalla robusta rilegatura in cuoio nero, chiusa da una fibbia metallica, essa racconta ancora oggi, attraverso le parole di Mario Nobili: Il feudalesimo lunigianese dal Codice Pelavicino, una diocesi nella sua fase più vivace, quando i nodi stradali, i passi, i ponti attiravano forze sociali spesso in contrasto tra loro. Come rilevava Antonio Manfredi, L’esperienza del CP digitale tra conservazione e fruizione. Riflessioni, il Codice non è soltanto lo strumento amministrativo e fiscale del potere vescovile sulle sue terre, ma l’oggetto prezioso di una comunicazione pubblica ecclesiale che rappresenta la chiesa locale, in un momento di grande interrelazione tra essa ed i laici in quel periodo storico. Una chiesa, quella di Luni, che quasi spegnendosi nel secolo XIII genera altre chiese: Sarzana, Brugnato, Pontremoli, Massa, La Spezia. Tutti là siamo nati ricordava il vescovo Santucci, durante veglie di Pentecoste, presso la cattedrale di Luni da lui tenacemente volute.
Roberto Ghelfi