Una generazione che reclama ascolto

Dopo tanto tempo, in questi ultimi giorni gli studenti delle scuole superiori italiane sono tornati in piazza, mettendo nel mirino l’alternanza scuola-lavoro e il ripristino degli scritti all’esame di Stato. Le contestazioni studentesche mescolano strumentalizzazioni, ideologia e scarsa consapevolezza: quelle di quest’ultimo periodo al pari di quelle dei tempi in cui sui banchi sedevano quegli adulti che condannano in modo risoluto le mobilitazioni dei ragazzi di oggi.
Non per questo si possono liquidare in modo affrettato i fermenti che emergono dalla realtà giovanile; sarebbe un’operazione superficiale, soprattutto alla luce di elementi profondi, che non possono essere nascosti, del vissuto di questi ultimi anni. Psicologia e pedagogia da tempo hanno fornito una rappresentazione nitida degli adolescenti di oggi: cresciuti costantemente connessi, più inclini ai rapporti virtuali che a quelli faccia a faccia, mostrano, secondo molte ricerche, livelli maggiori di ansia e di infelicità e una generale impreparazione ad affrontare la vita reale.
Hanno come punti di riferimento genitori “adultescenti”, nei quali l’età adulta convive e confligge con una prolungata adolescenza. Due anni di distanziamento sociale hanno acuito, in molti casi esasperato, tendenze negative: Asl e psicologi raccontano di un’impennata di condotte autolesive, crisi di aggressività, disturbi dissociativi, fobia scolare, dipendenze gravi da internet. Siamo di fronte ad un malessere generazionale che interseca le sue traiettorie con quelle di un’emergenza educativa raccontata dall’incremento di risse, vandalismi e baby gang.
Alla luce di ciò, il rifiuto della reintroduzione delle prove scritte all’Esame di Stato appare come la reazione di una generazione che ha pagato un prezzo carissimo e senza ristoro alcuno al contenimento dei contagi. La contestazione dell’alternanza scuola-lavoro, dopo la morte – non la prima – di uno studente di un centro di formazione professionale durante un tirocinio in fabbrica, è la presa d’atto che le trasformazioni socio-economiche degli ultimi decenni hanno sepolto l’idea che ogni generazione possa godere di un futuro migliore di quella precedente.
La risposta dello Stato, di fronte a ciò, non può ridursi alla repressione violenta con cui nelle settimane scorse si è disperso più di un corteo. Ad una generazione di giovani alla ricerca di un orizzonte di senso nel difficile cambiamento d’epoca il mondo adulto non può offrire solo giudizi sommari (“ai miei tempi…”), la retorica falsa del merito e della competizione sociale o atteggiamenti benpensanti tesi a demolire ogni fermento emergente dalla realtà giovanile, come la sensibilità ai temi ambientali o l’apertura verso i diritti civili. Così facendo si confina in una periferia dell’esistenza una generazione che reclama ascolto.

Davide Tondani