Gli alunni frequentanti la prima classe del Corso “Costruzioni, Ambiente, Territorio” dell’Istituto “Pacinotti – Belmesseri” di Pontremoli, accompagnati dalle insegnanti Lucia Pacciani e Donatella Armanetti, hanno visitato, nei giorni scorsi, le praterie della Formentara, appartenenti al Comune di Zeri. Qui, all’altitudine di 1120 metri, sorgeva un villaggio le cui costruzioni erano fatte con muri a secco con i tetti coperti di piagne, provenienti da una cava vicina. L’incastro delle pietre, pur senza malta, formavano dimore solide. Al primo piano vivevano le persone, sotto c’erano le stalle per il ricovero degli animali. Non mancavano, all’esterno, le tettoie in legno per deporvi il foraggio. Formentara appare nei documenti degli estimi a partire dal 1510 per cui ha davvero una lunghissima storia. Durante la lezione all’aperto, gli studenti si sono dimostrati molto attenti ed interessati nell’osservare e nel rilevare il confronto fra le antiche dimore e le costruzioni moderne che si avvalgono di prefabbricati e di materiali vari. Non sono mancate le notizie storiche e la possibilità di conoscere, da vicino, le bellezze della Lunigiana, compresa l’ampia vallata di Zeri. Esperienze che ampliano l’aspetto tecnico – cognitivo dei ragazzi e che serviranno loro di calarle nella realtà quando saranno abilitati a progettare coniugando, con passione, il sapere con il saper fare. Oggi, più che mai, la crescita e la competitività dell’Italia sono legate al capitale di competenza e fiducia che la Scuola trasmette, con agganci al mondo del lavoro. è nella Scuola che si produce quel patrimonio di formazione che costituisce la risorsa più preziosa per il Paese, assicurando a ciascun discente quel successo formativo di cui la Scuola deve essere garante.
Ivana Fornesi
La Formentara nel ricordo di don Pietro Giglio
Don Pietro Giglio (foto Massimo Pasquali)
Per saperne di più sul villaggio “Formentara” abbiamo chiesto notizie all’ultimo diretto “formentarese”. Don Pietro Giglio (parroco di Filetto, Mocrone, Malgrate e Irola) zerasco doc, ci ha raccontato come quasi tutte le famiglie di Noce, a pochi Km di distanza dal paesino, si trasferivano a maggio alla Formentara (lì restavano fino ad ottobre inoltrato, ad eccezione di coloro che scendevano per la raccolta delle castagne). Seminavano frumento, segale e patate di ottima qualità. Le verdure più note, quelle usate soprattutto per il minestrone, crescevano negli orti. Il villaggio risuonava di voci e di muggiti in quanto, nelle vaste praterie, pascolavano mucche, manzi, buoi molto belli, molto costosi, quindi “preziosi” e cavalli. Pecore e capre non c’erano perchè vivevano libere sulle alture. Non mancavano le sorgenti d’acqua, tanto che gli abitanti avevano costruito un acquedotto per portare l’acqua in casa. Vera rarità per quel tempo. La domenica, la gente si radunava nell’oratorio dedicato all’apostolo San Bartolomeo, risalente al 1700, unico edificio con soffitto a volta, per pregare e chiedere al Santo di intercedere “Sul tempo” facendo piovere, in caso di siccità ed allontanando i temporali devastanti. Il 24 agosto, giorno della festa di “S. Bartolomè” saliva un sacerdote per le sacre funzioni a cui partecipavano tutti: grandi e bambini, nonostante il lavoro pesante da svolgere. Alla Formentara si arrivava percorrendo una mulattiera lungo la quale gli animali trascinavano la “bena e la tragia”, lontani antenati dei trattori. Don Pietro ha gli occhi lucidi nel rammentare gli anni giovanili quando terminate le lezioni, nel Seminario di Pontremoli, raggiungeva i famigliari per aiutarli nel duro lavoro quotidiano. “Nel 1966, conclude, anno della mia ordinazione sacerdotale, la mia famiglia lasciò il paesino rurale seguiti da tutti gli altri. A poco a poco, il tempo inclemente ha eroso le abitazioni riducendole in ruderi. Tempo fa son tornato lassù, nei luoghi densi di ricordi, provando nostalgia e rendendomi conto di quanto fosse cambiato il mondo”. i.f.