La chiesa di S. Maria del Popolo in Pontremoli eretta in Insigne Collegiata

300 anni fa, il 18 dicembre 1721, con Bolla papale

Il Duomo di Pontremoli in una foto dei primi anni del Novecento

“Il giorno 15 delle calende di gennaio dell’anno ab Incarnatione Domini 1721” veniva promulgata dal papa Innocenzo XIII, al secolo Michelangelo Conti, per altro eletto solo da poco più di sette mesi, la Bolla “Beatissima Virgo” con la quale veniva istituita l’Insigne Collegiata di Santa Maria del Popolo in Pontremoli. Se non fu una sorpresa per la Comunità pontremolese, ormai da tempo in attesa della decisione fatidica, di certo la decisione suscitò un qualche stupore perché la questione sembrava come tenuta in sospeso e, quanto già annunciato come imminente dall’ormai lontano 1716 con l’affissione degli editti nelle varie parrocchiali cittadine, non sembrava proprio poter avere più seguito. In effetti, furono proprio gli editti, che intendevano verificare eventuali pareri contrastanti alla erezione, a creare non poche perplessità perché quanto è stato possibile ricostruire in proposito dice chiaramente che, alla fin fine, dopo una gestazione del problema a dir poco travagliata, i pareri restavano abbastanza discordi e le opposizioni avanzate aprivano non pochi dubbi in merito ad una soluzione positiva.
Non potendo entrare nello specifico, quanto emerso dalla ricerca documentaria, effettuata in particolare dal diligente lavoro della dott.ssa Giovanna Ponzanelli, evidenzia che sul problema, negli anni a seguire, fu steso un velo di silenzio e che la decisione fu assunta senza tenere probabilmente in nessun conto quanto emerso di contrastante da più diverse voci ed opinioni. A contare resta il fatto che la chiesa di Santa Maria del Popolo, voluta dalla Comunità pontremolese fin dal lontano 1630 quando, ribadendo, pur senza palese situazione di pericolo, il voto del 1622, intervenuto invece in una contingenza decisamente drammatica, si decise di “costruire un tempio suntuoso e grande” degno certo della devozione mariana della popolazione, ma soprattutto occasione irripetibile per realizzare il sito adeguato per potere collocare la tanta auspicata sede vescovile che finalmente trovava l’auspicata collocazione nella vita religiosa cittadina Quali gli eventi dell’intricato processo è abbastanza noto.
Di certo, la Comunità profuse nel tempo un’enorme quantità di risorse per fare sì che la chiesa crescesse e si realizzasse per diventare sempre più il centro naturale della vita cristiana pontremolese, e per esaltare un affetto filiale alla Vergine che, quasi istintivamente, nel momento del dramma elesse, come luogo ideale per elevare le proprie suppliche, il piccolo oratorio di Santa Maria di Piazza, che ospitava la stupenda immagine della Madonna con il Bambino, fruibile in tutta la sua semplicità e la sua ieratica bellezza, al posto del quale sarebbe stato costruito il nuovo tempio. L’evento, ovviamente, non fu indolore, almeno nella logica degli equilibri ecclesiastici cittadini, comunque precari per i diversi diritti acquisiti dalle varie parrocchie che entravano nell’orbita organizzativa della nuova istituzione.
Di certo, il fatto più significativo fu che la funzione parrocchiale, che era stata svolta dalla chiesa di San Geminiano fin dal lontano 1484, veniva trasferito nella nuova e più importante chiesa, assieme a quanto ad essa collegato.

Decorazione della nicchia con la statua della Madonna del Popolo nel Duomo di Pontremoli

In concreto, un trasferimento dal significato solo formale perché San Geminiano non perdeva certo quell’ascendente devozionale che le era stato proprio per tanti secoli, anche prima di essere elevata a sede parrocchiale, ma diventava una dipendenza della quale occorreva difendere, se non il patrimonio, almeno quella dimensione funzionale che ne mantenesse comunque vivo il rapporto con i fedeli.
Non a caso, seppure con qualche perplessità, restò sede della Confraternita della SS. Trinità, cui fu affidata la conduzione della chiesa, e mantenne il fonte battesimale, oltre alla certezza che tutte le principali funzioni di competenza fossero celebrate regolarmente. I problemi più veri, al momento della erezione e del passaggio della funzione parrocchiale, che comportò prima di tutto la nuova intitolazione della chiesa a Santa Maria Assunta, furono quelli dell’organizzazione della nuova realtà ecclesiale cittadina che, da semplice parrocchia, diventava un centro di potere di ben altro spessore, in quanto la sua gestione veniva affidata ad un Capitolo con precise incombenze operative e decisionali. A fianco, infatti, del proposto, quale prima dignità, titolo assegnato senza problemi al parroco di San Geminiano, diventavano operativi ben sette canonicati di giuspatronato laicale, cui nell’immediato si aggiungevano un chierico ed un campanaro e, nel tempo, si aggregheranno, oltre ad altri canonicati, anche un arcidiacono, un decano ed un primicerio. Con tutte le conseguenze economiche che ogni figura veniva a comportare e di cui il Capitolo, unitamente alla Comunità, si doveva assumere l’onere.
Senza entrare di nuovo nei particolari della vicenda, che resta decisamente complessa, tutti i dubbi che avevano fatto rimandare la istituzione della Collegiata, appunto per i riflessi economici che essa avrebbe comportato per il suo mantenimento, senza dubbio, l’apporto dato dalle famiglie più abbienti della città e dalla popolazione, con lasciti destinati da tempo proprio alla concretizzazione del titolo, fecero sì che negli anni la funzionalità della chiesa andò perfezionandosi, tanto che possiamo dire che, nonostante gli eccessi delle funzioni che venivano svolte ogni giorno, per corrispondere ad impegni inderogabili, il tempio continuò a crescere nella sua sostanza e nella sua qualità predisponendosi a divenire sede della nuova diocesi di Pontremoli nel 1787, per ospitare però il suo primo vescovo solo nel 1797, nella persona del pontremolese Girolamo Pavesi, per le note vicende di natura politica che insorsero tra Firenze e Roma per la scelta del prelato.
Una tappa, quindi, di una lunga storia, raccontata solo superficialmente, ma che meritava di essere ricordata perché indispensabile per entrare nel cuore di una devozione cristiana da sempre presente nei pontremolesi.

Luciano Bertocchi