Partita la demolizione dei tre storici edifici a ridosso del Magra nel quartiere Matteotti

C’è un pezzo di vita e di storia aullese che sta scomparendo in queste settimane: sono le case popolari del quartiere Matteotti, a sud della città, dopo il ponte sull’Aulella. Proprio lunedì, quando Aulla ha ricordato i 10 anni della tragica alluvione del 25 ottobre 2011, sono iniziati i lavori di abbattimento del fabbricato più a mezzogiorno del complesso dei tre edifici disposti tra il Magra e la Statale della Cisa che corre parallela al fiume. Terminati i lavori propedeutici all’entrata in azione delle ruspe, entro poche settimane sarà completata la distruzione degli edifici che in quella tragica sera di ottobre videro la furia delle acque penetrare al loro interno. Al posto delle case popolari sorgerà un muro d’argine; 6 milioni di euro il costo preventivato, un metro e 20 centimetri l’altezza del manufatto rispetto al livello del marciapiede.

Non sarà un muro che priverà della vista del fiume, come avvenuto nel centro cittadino, ma sarà comunque una trasformazione radicale del paesaggio urbano. Il progetto originario prevede che a compensazione della perdita degli alloggi pubblici, nuove unità abitative di edilizia residenziale pubblica siano costruite nelle aree ferroviarie dismesse della vecchia linea della Pontremolese, nel sito a nord della stazione che negli anni scorsi ha ospitato i container delle scuole elementari e medie; un cantiere già oggetto di polemiche politiche per i tempi di realizzazione ritenuti non in linea con la necessità di chiudere definitivamente il doloroso post-alluvione. Non ci saranno problemi abitativi per le 50 famiglie che vivevano nelle case popolari in corso di demolizione: gli appartamenti furono abbandonati immediatamente dopo l’alluvione e da allora non più agibili. Degli abitanti di allora, molti anziani non ci sono più, alcuni si sono sistemati definitivamente in altre abitazioni, mentre 15 rimanenti nuclei familiari godono di contributi per l’affitto erogati da Regione Toscana. Nonostante a tutti sia stato garantito un alloggio, la demolizione in quartiere Matteotti determina la dispersione di una piccola comunità locale dal suo luogo naturale di vita, con tutti i risvolti umani e sociali del caso.

(Davide Tondani)

“Una grande fame di abitazioni”: così nacque quartiere Matteotti

Un panorama di Aulla in una cartolina storica. (Archivio privato di Enrico Fregosi)
Un panorama di Aulla
in una cartolina storica.
(Archivio privato di Enrico Fregosi)

Le case popolari di Co’ di Ponte – così era chiamata la località a sud del capoluogo prima che negli ann’70 fossero rinominati i vari quartieri aullesi – erano l’anima di quella propaggine di Aulla che segue la strada per Sarzana. A raccontarlo è Enrico Fregosi, classe 1935, memoria storica di Aulla: “Quando ero bambino lì non vi erano che poche case, a monte della Statale, tra le quali quella di mio nonno e le prime case popolari, costruite negli anni ’20 con i fondi per la ricostruzione del terremoto di Fivizzano: una di queste è la caserma della Finanza”. Autore di alcuni libretti su quella “aullesità” che incarna con orgoglio, Fregosi ricorda bene la nascita degli edifici in corso di demolizione: “le case popolari lungo il Magra e quella sul lato opposto, dirimpetto al distributore, furono edificate negli anni 1945-46”. Aulla era stata rasa al suolo al 90% dai bombardamenti degli Alleati e “c’era una grande fame di abitazioni”. Case di edilizia popolare, costruite al risparmio, ma comunque non prive di attenzione al benessere dei futuri affittuari: Fregosi ricorda come “le nuove case furono progettate con un bagno in ogni appartamento, a cui si accedeva dalla cucina: gli standard attuali sono ben più elevati, ma quella soluzione rappresentava un grande progresso rispetto ai gabinetti comuni a più appartamenti che fino ad allora si costruivano sui ballatoi”. Co’ di Ponte era un quartiere radicalmente diverso dall’attuale: “i bombardamenti avevano già distrutto il casello ferroviario a servizio del passaggio a livello al bivio per il cimitero, ma c’era una fabbrica di mattonelle in un terreno sotto strada. Sul lato fiume non vi erano altre costruzioni”. Poi con l’urbanizzazione degli anni ’70 all’ingresso del quartiere, di fronte alla fontana, arrivò il grande palazzo a sei piani costruito in un terreno quasi in alveo. Un segno dei tempi che mutavano, al pari del paesaggio: “da allora – osserva Fregosi – la Fortezza della Brunella, non fu più visibile dalle case popolari”: tra poche settimane il paesaggio del quartiere subirà un nuovo cambiamento, con la scomparsa delle tre case popolari e del loro carico di storia e di umanità. (d.t.)