Eccoci alla vigilia delle ferie. Agosto è il periodo dello stacco dalle attività e dalle routine della vita quotidiana: breve o lungo, in montagna, al mare, all’estero, al borgo delle proprie origini, ma anche a casa propria, è questo il periodo propizio per la vacanza, un tempo vacuo, sgombro, senza occupazioni.
Un intervallo che nella società industriale, scandita dai ritmi obbligati della produzione è diventato tempo per ristorare se stessi, per coltivare relazioni, per la scoperta di luoghi e culture; un tempo liberato, dedicato alla realizzazione della propria persona, che esalta il desiderio di libertà di ciascuno.
Vacanza è libertà, dunque. Ma che connotati assume la libertà alla vigilia di queste ferie agostane?
Osservando le cronache di queste settimane, sembra che la nostra società voglia attribuire a questa parola valenze lontane dal suo significato più autentico. Lo si percepisce osservando chi, in nome di essa, rifiuta la vaccinazione senza alcun valido motivo di salute, grida alla dittatura con la compiacenza populista di piccoli e grandi partiti dell’estrema destra, rigetta le misure per impedire la circolazione del virus e le sue mutazioni.
È l’esaltazione di una libertà sganciata dalla responsabilità, che degrada a egoismo e individualismo, lo stesso di chi facendosi scudo della libertà di impresa ritiene lecito sottopagare i lavoratori di quelle attività che operano a pieno ritmo durante il tempo estivo: in settori come quello agricolo le cronache, spesso drammatiche, raccontano dell’umiliazione, talvolta dello schiavismo e della morte, di chi non ha alternative a queste forme di sopraffazione.
La narrazione di questi mesi asserisce che chi rifiuta questo sistema lo fa perché sussidiato dallo Stato: l’abolizione degli aiuti ai più vulnerabili sono indicati come la soluzione da chi, con la ferocia che dissimula il vuoto di cultura politica, si spinge ad affermare che “la gente deve soffrire” ed essere educata a “spaccarsi la schiena”.
Anche i peggiori spiriti del capitalismo vengono presentati come libertà. La libertà di licenziare che da mesi il mondo industriale invocava si è già tradotta nella chiusura di imprese sane per delocalizzarle all’estero o per consentire alla proprietà di lucrare valore per le proprie quote azionarie distruggendo il valore del lavoro.
La libertà propugnata chiassosamente e con arroganza in queste settimane assume il profilo di un bene privato. Il nostro auspicio è che le vacanze offrano a ciascuno l’opportunità di riscoprire il vero profilo della libertà: quello di un bene comune che trova compimento nell’ottica del “noi” e si realizza in un progetto di convivenza civile.
Di questa consapevolezza abbiamo bisogno per affrontare le incognite che si pareranno davanti a noi in autunno. Buone ferie a tutti.
Davide Tondani