In Piazza San Pietro sembrava una domenica normale: c’erano i fedeli in attesa dell’Angelus, c’era Papa Francesco col suo solito sorriso benedicente e le sue parole incisive. Nulla lasciava trapelare che dietro quel sorriso ci fosse sofferenza e preoccupazione. Quel pomeriggio, verso le 15, Papa Francesco, a bordo di una auto senza particolari segni di riconoscimento e accompagnato solo dall’autista e da uno stretto collaboratore, arriva al Policlinico Gemelli per sottoporsi ad un intervento chirurgico delicato.
Nessuno, tranne i medici direttamente interessati, era al corrente di quanto stava accadendo. Per questo quella domenica, che sembrava così uguale a tante altre, diventa un momento di grande riflessione e una lezione sul modo di affrontare la sofferenza e la malattia. Egli spesso chiede la preghiera per sostenere il suo impegno apostolico. La discrezione su ciò che già era deciso non era per evitare indiscrezioni.
Dopo il ricovero ci sono bollettini medici trasparenti circa l’esito dell’operazione e circa il decorso della convalescenza. La sofferenza va affrontata con dignità e fiducia. “Ci ha insegnato come affrontare la sofferenza – dice il card. Bassetti, presidente della Cei – Lo sguardo rivolto agli impegni dei prossimi mesi (il viaggio in Ungheria e in Slovacchia a settembre) e il sorriso abituale dalla finestra del Palazzo Apostolico, con cui ci dà appuntamento ogni domenica, sono una grande testimonianza. Non bisogna mai cedere allo sconforto anche nelle ore della fatica più dura”.
E le parole pronunciate da Francesco all’Angelus acquistano un significato particolare. “Senza stupore, la fede diventa una litania stanca che lentamente si spegne e diventa un’abitudine, un’abitudine sociale” e ha messo in guardia da coloro che non riconoscono l’incarnazione di Gesù. “Non lo sanno, ma sentono che è scandaloso che l’immensità di Dio si riveli nella piccolezza della nostra carne, che il Figlio di Dio sia il figlio del falegname, che la divinità si nasconda nell’umanità, che Dio abiti nel volto, nelle parole, nei gesti di un semplice uomo”. Dio si è fatto concreto in un uomo, Gesù di Nazaret, si è fatto compagno di strada, si è fatto uno di noi”.
“In realtà, è più comodo un dio astratto, e distante, che non si immischia nelle situazioni e che accetta una fede lontana dalla vita, dai problemi, dalla società”.
“Oppure ci piace credere a un dio ‘dagli effetti speciali’, che fa solo cose eccezionali e dà sempre grandi emozioni. Invece, cari fratelli e sorelle, Dio si è incarnato: Dio è umile, Dio è tenero, Dio è nascosto, si fa vicino a noi abitando la normalità della nostra vita quotidiana”.
Era la domenica nella quale San Paolo ci ricordava che “la forza si manifesta pienamente nella debolezza” e Papa Francesco aveva sicuramente presente la sua fragilità e ricordava a tutti che Dio abita la normalità della vita quotidiana di cui fa parte anche la malattia.
Giovanni Barbieri