Il 12 giugno di quell’anno a Pontremoli si inaugurò il gagliardetto del Fascio locale: al termine della cerimonia ci furono spedizioni contro il Dopolavoro ferrovieri e il Circolo operaio dell’Annunziata. I fatti e le premesse dell’anno precedente sono stati rievocati a Pontremoli in un incontro organizzato dall’Anpi
I fatti si riferiscono agli anni dell’immediato primo dopoguerra, tra il 1919 e il 1921; sono le prime azioni di squadre fasciste che si accaniscono contro le proteste di categorie operaie in gravi difficoltà economiche: l’Italia aveva vinto la guerra ma il prezzo pagato era gigantesco, prima di tutto i 600mila caduti sul fronte italiano, piccola potenza si era indebitata pesantemente con Inghilterra e Stati Uniti, doveva riconvertire la produzione da bellica a civile e gli imprenditori rispondevano con restrizioni salariali, con le serrate delle fabbriche e con violazioni dei diritti rivendicati dai movimenti del socialismo e dai sindacati operai.
Dopo la rivoluzione comunista in Russia c’era la “paura dei rossi” da parte dei governi liberali e degli industriali: lo Stato non era democratico, era pronto a generare governi autoritari e non contrastò tempestivamente l’aggregazione di personaggi violenti che si scatenarono contro gli operai con spedizioni “punitive” e armate.
Il contesto delle violenze nel nostro territorio è stato ulteriormente studiato dallo storico Andrea Ventura nel suo ultimo saggio “Italia ribelle. Sommosse popolari e rivolte militari” (Carocci, Roma 2021) presentato il 12 giugno a Pontremoli per conto dell’ANPI locale e dell’Istituto Storico della Resistenza Apuana, il cui presidente Paolo Bissoli è stato moderatore dell’interessante iniziativa con precisione di notizie e con la sollecitazione a considerare che quei fatti di cento anni fa potrebbero ripetersi e le avvisaglie oggi non mancano.
Il sindaco Lucia Baracchini nel suo saluto non formale ha convenuto che anche oggi ci vuole confronto, conoscenza storica, memoria per non ripetere gli errori del passato. Eccoli i fatti nel contesto locale, esposti da Andrea Ventura, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza di Lucca.
Nel 1919 a Pontremoli si forma il gruppo di ex-combattenti con oltre 500 iscritti, da qui si deduce che furono moltissimi i soldati lunigianesi in guerra. Nel 1920 nasce il primo fascio di combattimento di tutta la provincia e partecipa al congresso fascista di Livorno. Nel 1921 si verificano scontri in campagna elettorale per le elezioni alla Camera. Si forma il fascio ad Aulla e Carrara. Il 24 aprile a Caprio i fascisti sparano e fanno un morto.
Il 12 giugno molti fascisti, arrivati anche dalla Spezia e da Parma e soprattutto da Aulla, ai giardini del teatro della Rosa (oggi “largo Laura Seghettini” comandante partigiana) inaugurano il gagliardetto di partito alla presenza di un esponente fascista importante venuto da Firenze e di autorità amministrative ed ecclesiastiche. Ben armati, infervorati occupano la ferrovia e assaltano il Circolo ferrovieri, il loro Dopolavoro, si portano all’Annunziata e distruggono il Circolo operaio, sparano, saccheggiano, intimoriscono. Sono azioni della prassi quotidiana fascista e in zona il preludio dei fatti di sangue del 21 luglio a Sarzana.
Il contesto politico nazionale è precario, fallito il tentativo del vecchio liberale Giolitti di fare alleanza con nazionalisti e coi fascisti, legittimati perché sperava fossero utili a ricostruire il sistema Italia, il governo Bonomi non riesce (non vuole?) a tenere sotto controllo l’ordine pubblico, le forze dell’ordine non contrastano lo squadrismo violento e armato dei fascisti che attaccano gli operai sempre disarmati negli scioperi del “biennio rosso” e che prendono le distanze dagli Arditi del popolo, unico gruppo armato nelle lotte della sinistra prima della Resistenza.
Scontri presto repressi a Viareggio si scatenano dopo l’uccisione a freddo di un uomo da parte di un carabiniere che fu assolto, era il 2 maggio 1920. Continuano gli assalti quasi quotidiani. Scontri avvengono anche ad Ancona quando si ammutinano bersaglieri che non vogliono andare a Valona per stroncare la lotta per l’indipendenza dell’Albania e riescono nel loro intento.
Ha concluso l’incontro Maurizio Verona, sindaco di un luogo martire della Resistenza, Sant’Anna di Stazzema coi suo 560 innocenti uccisi e bruciati da nazisti guidati da fascisti nell’agosto 1944. La passione per la giustizia e l’impegno civile di questo sindaco sono una bellissima testimonianza che chiama tutti ora più che mai a custodire con fermezza la libertà e la democrazia che ci è stata regalata dal coraggio e dal dolore di tante vittime che non hanno ancora avuto giustizia e, nonostante la disposizione XII della Costituzione, in Italia non si sono prese nette distanze dal fascismo come invece ha fatto la Germania dal nazismo.
Il sindaco Verona è promotore di una legge di iniziativa popolare perché sia vietata la propaganda fascista che sempre più si insinua nelle parole e nei gesti dei socialmedia, si camuffa in movimenti che sono contro e non per la democrazia, ritira fuori nefasti simboli, motti, saluti e “pellegrinaggi”.
Sono già oltre 250mila le firme (anche di chi scrive) presentate al presidente della Camera che ha garantito l’impegno a incardinarla presto nel calendario del Parlamento. Grazie, sindaco!
Maria Luisa Simoncelli