Intervista al mons. Santucci: “Ricorderò tutti nella preghiera”. I terremoti e le alluvioni tra i momenti più difficili. Il ricordo più bello le Veglie a Luni e la Via Crucis al castello Malaspina
“Quando uno non riesce più ad assicurare il ruolo di cui è stato investito, deve avere il coraggio di lasciare”: non ha dubbi il Vescovo Giovanni sulla bontà della sua decisione, maturata negli ultimi mesi, constatando che le forze fisiche si stavano affievolendo al punto da non riuscire più a far fronte a tutto.
“Più che un problema particolare – ha precisato – è il quadro generale che non va: non riesco più a recuperare e sono in un continuo stato di affaticamento. Allora, soprattutto per rispetto degli altri e delle persone che ti sono affidate per il ministero che svolgi, è onesto riconoscere i propri limiti, e rimettere il mandato”.
Il mandato è stato rimesso e il 15 gennaio le dimissioni del Vescovo Giovanni sono state accolte dal Papa. Da quel momento è diventato “emerito” ed ha cessato il governo della Diocesi che è stato assunto dall’Amministratore apostolico mons. Gianni Ambrosio. Prima della partenza per il Monastero di Subiaco, lo abbiamo incontrato per un’ultima intervista. Sebbene provato, ha voluto lasciarci alcune parole, preziose, pronunciate con la consapevolezza e la serenità di chi sa di aver agito sempre per il bene della Chiesa.
Vescovo Giovanni, quando ha iniziato a pensare che forse era arrivato il momento di lasciare?
“Le dimissioni nascono da due considerazioni: da una parte la constatazione che progetti diocesani, in particolare quello delle unità pastorali, andrebbero messi in atto con una presenza costante e con decisioni ponderate, e dall’altra il dovere prendere atto che le risorse e le energie risultavano sempre meno presenti. Dopo ripetuti confronti con persone di fiducia, ho preso coscienza che era arrivato il momento di lasciare”.
In questi anni ha operato in molti ambiti pastorali: quali altri progetti avrebbe voluto realizzare e non ha potuto farlo?
“Beh… il discorso si farebbe lungo… Tra le varie idee che avevo in mente, mi rammarico per non aver potuto completare il restauro del presbiterio della Cattedrale… Abbiamo infatti iniziato i lavori per la risistemazione di alcune parti. Avrei voluto rinnovare l’altare, la Cattedra e restaurare le pareti. Pazienza. Ci penserà qualcun altro”.
Alcuni sostengono che ci sia una qualche connessione tra le sue dimissioni e il caso “don Euro”. È così?
“Non ci sono correlazioni… il caso ‘don Euro’ è uno dei tanti problemi che un pastore deve mettere in conto quando si assume la responsabilità di guidare una Diocesi. Devo però dire che in molti non mi hanno perdonato di aver fatto una scelta ‘umana’, di aver deciso di aiutare questa persona. Ma io ho seguito il Vangelo e per questo mi sento, in coscienza, sereno. Mi spiace solo che i media, dando seguito alle posizioni della Procura, mi hanno dipinto – e continuano a farlo – come ‘ladro’ e ‘corruttore’. All’indomani delle accuse formulate nei miei confronti sono andato a Roma con l’intenzione di dimettermi. Presentai la lettera a chi di dovere. Ma non venne accolta e mi venne chiesto di restare al mio posto”.
Che idea si è fatto della giustizia umana?
“Credo nella giustizia umana, quando è rispettosa anche nei confronti di chi ha sbagliato. Mi sembra che alcune volte si dimentica che si ha a che fare con delle persone e non con dei casi”.
Quale è stato un momento difficile che ha dovuto affrontare come pastore?
“Come ho scritto nella lettera ai fedeli, un momento difficile sono stati i terremoti e l’alluvione: due eventi che hanno imposto a tutti di rimboccarsi le maniche. E lo abbiamo fatto. Grazie al contributo della CEI abbiamo restaurato tutte le chiese. Lo ribadisco: abbiamo fatto tutto da soli. Scarsi gli aiuti da parte delle istituzioni civili”.
Vescovo Giovanni, ora andrà a vivere a Subiaco: sarà una sede provvisoria o definitiva?
“Sinceramente non lo so. Non dipende da me, ma dalla comunità che mi accoglierà. Per il momento sarò solo ospite: seguirò in tutto la regola del monastero ma non sarò, in senso stretto, un monaco. Porto con me solo l’essenziale. Il resto lo lascio alla Diocesi: libri, quadri, opere d’arte, tutto quello che ho accumulato in questo anni, grazie alla generosità di tante persone”
Quindi non è scontato un rientro in Diocesi da “emerito”, nel futuro?
“Chissà. Per il momento sarò a Subiaco e cercherò di recuperare le forze. La parola ‘emerito’ mi procura una certa impressione. Poi mi ci abituerò”.
Qual è il ricordo più bello dei dieci anni di attività pastorale in mezzo a noi?
“Porterò sempre nel cuore le ‘Veglia di Pentecoste’ a Luni… soprattutto l’ultima, prima dei divieti a causa della pioggia, e le ‘Via crucis’ al Castello Malaspina con gli artisti. Credo davvero che il linguaggio artistico sia una parola capace di risvegliare in noi la nostalgia di Dio”.
Vescovo Giovanni, cosa le mancherà della Diocesi che lascia?
“Mi mancheranno le persone, i sacerdoti, i diaconi, tutti i collaboratori. Qui sono stato benissimo. Sono stato accolto in un abbraccio di calore. In questi giorni ho ricevuto tante lettere di affetto e vicinanza da parte di molte persone. Anche dal carcere. Mi hanno commosso. Non avrei mai immaginato tanto affetto. Vi assicuro: tutti ricorderò nella preghiera”.
Renato Bruschi