L’analisi dell’opera dell’artista morto a Lavagna nel 1920
Accanto ai capolavori dei grandi Maestri che rappresentano la Natività di Gesù, vi sono opere più recenti, forse meno conosciute, ma estremamente significative sotto l’aspetto dell’interpretazione del soggetto. Tra queste l’adorazione dei Magi di Gaetano Previati che, per la sua particolare impostazione, ci può essere di aiuto a vivere il prossimo Natale, così diverso dal passato per l’obbligata costrizione a cui dobbiamo sottostare.
Prima di analizzare l’opera, un doveroso cenno biografico: Gaetano Previati nasce a Ferrara il 31 agosto 1852 e muore a Lavagna il 21 giugno 1920. Dopo una giovanile esperienza nella scapigliatura milanese, fu rappresentativo soprattutto della corrente del Divisionismo italiano di cui sarà ispiratore e teorico. L’adorazione dei Magi (1896) – olio su tela di cm 98 x 198 – dal 1938 è conservata presso la Pinacoteca di Brera. Il dipinto, a un primo approccio, offre una visione soave, quasi fiabesca con luce e colori molto tenui.
In realtà, pur nella dolcezza del momento che Previati si cura di non contaminare, una lettura più attenta ci porta a interpretare la scena in un modo del tutto diverso, quasi dirompente al confronto di altri dipinti sul tema, dove di solito la Sacra Famiglia è al centro della scena pittorica.
Nell’opera di Previati, invece, questa impostazione è volutamente stravolta. Maria è seduta nella parte estrema di sinistra del dipinto e tiene in grembo Gesù Bambino mentre i Magi si inchinano di fronte a lei per adorare il piccolo. La Vergine indossa una lunga tunica bianca, simbolo della purezza; Gesù Bambino è addormentato, nudo, tra le sue braccia come un neonato qualsiasi.
San Giuseppe è in secondo piano per non sottrarre spazio all’adorazione. La scena principale è quindi esattamente nella metà di sinistra del dipinto, il che, in un primo momento, spiazza l’occhio dell’osservatore. Questo perché l’autore ci vuole far provare lo stesso spaesamento provato dai Re Magi, che immaginavano di trovare il Re dei re in una dimora sontuosa e con vesti regali mentre invece lo trovano in una capanna sperduta.
Nella scena contrastano poi anche altri elementi, a rafforzare il carattere simbolista dell’opera: i tre Re Magi indossano preziosi abiti dai lunghi strascichi e sono chinati insieme verso il Figlio di Maria, prendendo ora consapevolezza di essere di fronte a qualcosa di immensamente più grande di quello che si aspettavano. I servitori alle loro spalle sostengono i mantelli riccamente decorati, simbolo di ricchezza e potenza, che si annullano però davanti alla semplicità e purezza del vero Verbo.
Infine, sullo sfondo del dipinto, vi è una moltitudine di persone di ogni estrazione che, in silenzio, cercano di capire ciò che sta avvenendo. È questo ultimo particolare che concorre a dare la complessiva lettura del dipinto: non cerchiamo Gesù nelle cose del mondo ma troviamolo dentro l’angolo più intimo del nostro cuore.
(Gianpiero Brunelli)