Presentato dal prof. Cavagnoli il nuovo Messale Romano, in vigore dal 28 novembre
Dopo quasi vent’anni di lavoro arriva finalmente sugli altari delle nostre chiese la traduzione in italiano della terza edizione del Messale Romano, lo strumento primario delle assemblee liturgiche che farà il suo debutto nella liturgia della prossima prima domenica di Avvento. Per presentare lo spirito con il quale è stato elaborato e soprattutto per metterne in evidenza i tratti più salienti e i cambiamenti più significativi, l’Ufficio liturgico della diocesi di Massa Carrara – Pontremoli ha organizzato un incontro, destinato a sacerdoti e diaconi, con il professor Gianni Cavagnoli, docente di liturgia all’Istituto di liturgia Pastorale Santa Giustina di Padova.
“Il Covid ha ritardato l’uscita del Messale – ha detto nella sua introduzione don Samuele Agnesini, direttore dell’Ufficio liturgico – ma ci ha anche dato la possibilità di guardare alla situazione delle nostre chiese”. Se è vero – ha voluto sottolineare – che la liturgia è fonte e culmine della vita cristiana, “quanto tempo le dedichiamo? Abbiamo un gruppo liturgico” accanto ai diversi gruppi parrocchiali?
“Questo Messale – ha chiosato don Samuele Agnesini – ha tanti limiti strutturali come tutte le cose umane. Forse non è neppure il migliore che la storia ci abbia consegnato, ma è pur sempre la fede della Chiesa che viene celebrata nonostante tutto. Il Messale è lo strumento privilegiato per far crescere la fede nella comunità cristiana”.
Molto appassionata la presentazione del prof. Cavagnoli che, fra le varie novità di questa terza edizione, non ha mancato di evidenziarne anche alcuni limiti: “Forse – ha detto – si poteva attendere ancora un paio d’anni per avere una traduzione meno letterale e più aperta al linguaggio corrente”. Inoltre, con il piglio che gli è proprio, non ha lesinato qualche sottolineatura critica sullo stato dell’apparato liturgico delle celebrazioni nella Chiesa italiana. Ha messo in evidenza, come abbiamo accennato poco sopra, lo stretto ed inscindibile legame fra il Messale e il Lezionario e come troppo spesso ci sia qualche leggerezza nel preparare le celebrazioni anche fra preti e vescovi. Ha ricordato che le omelie dei sacerdoti devono rimanere centrate anzitutto sulla Parola di Dio ed aprirsi al mistero dell’Eucarestia, perché appaia sempre evidente che “Parola e Sacramento sono un unico atto di culto”. Solo in questo modo quello che è celebrato può trasformarsi in vita concreta.
Tra i passaggi più incisivi del suo intervento, Cavagnoli ha voluto ricordare che questo libro liturgico esprime il senso dell’azione di tutta l’assemblea e non solamente di colui che la presiede. Quando si accenna all’arte celebrativa – ha detto – si esprime l’attenzione a tutte le forme previste: parola, canto, gesti, posizioni del corpo, vesti liturgiche; forme educative che nelle nostre assemblee liturgiche comunicano qualcosa, che devono comunicare la Vita. La qualità dei segni è importante.
Scendendo nel dettaglio delle novità che i sacerdoti e il popolo cristiano si troveranno di fronte usando il nuovo Messale dal prossimo 28 novembre, abbiamo chiesto a don Emanuele Borserini, cerimoniere vescovile e membro dell’ufficio liturgico diocesano, di indicarci quelle più significative. “Certamente – ci ha detto – l’inserimento dell’apparato musicale direttamente nel testo, sia nell’ordo Missae sia nei testi propri, è l’evento di maggior portata, perché determina un diverso approccio al Messale stesso” che ora si comprende meglio “non tanto come libro da leggere ma da fare; un fare in cui il canto gioca un ruolo molto importante”. Inoltre, troviamo “un netto miglioramento dell’esordio delle preghiere eucaristiche II e III, l’aggiunta di alcuni testi nuovi propri dell’italiano, la ricezione di alcune modifiche al calendario universale” come, ad esempio, la Memoria obbligatoria di santa Maria Maddalena.
Uno strumento che, secondo don Emanuele, sarà anche “l’occasione di un rinnovato interesse per la vita liturgica, che si possa esplicare in una più capillare catechesi liturgica”. Fra le cose un po’ meno rilevanti, “sono state spostate e riordinate le preghiere eucaristiche quinte e le due della Riconciliazione. In molte formule è stato inserito ‘sorelle’ accanto a ‘fratelli’. Le antifone sono state adeguate alla nuova traduzione della Bibbia”.
Nei mesi scorsi però, le modifiche che hanno animato maggiormente il dibattito sono state quelle relative ad alcune preghiere come il Padre Nostro e il Gloria. Un dibattito che, secondo Borserini, “ha fatto immeritatamente rumore” perché in realtà tali modifiche “non ne cambiano il senso, che era già chiarissimo, ma hanno attirato l’attenzione distogliendola dalle cose più importanti”.
Infine un rammarico: “Si poteva osare di più nella riformulazione anche delle risposte dell’assemblea che, invece, per scelta non sono state toccate. Occasione persa per una rinnovata catechesi liturgica di cui il popolo di Dio ha bisogno e a cui, non dimentichiamolo, ha diritto”.