
Nella frenesia di questo periodo, tra la paura per l’epidemia del coronavirus e le solite diatribe politiche, ben venga la Giornata mondiale della Poesia, istituita dall’Unesco nel 1999, da celebrarsi il 21 marzo. Data non casuale, bensì inizio della Primavera con i suoi fiori, le sue fragranze, le sue promesse di vita rinnovata. Il perché di una tale giornata consiste nel fatto che la poesia è in grado di andare oltre i confini, le lingue e le differenze portando in sé un ideale di bellezza che diventa globale. Attraverso i versi avvengono scambi culturali, dialogo, condivisione, messaggi di pace…
Insomma le poesie contribuiscono a renderci interiormente migliori e, di conseguenza, ci spronano a migliorare il mondo che ci ospita, sostituendo il “ grigiore” con l’arcobaleno. Lo scorso anno abbiamo celebrato due secoli dalla stesura di una delle liriche più intense e significative della letteratura italiana. “L’Infinito”di un Giacomo Leopardi, appena ventenne.
Chi è del resto il poeta se non un indagatore ed interlocutore dell’infinito? Il poeta sente, per fortuna, ciò che gli altri non avvertono, in un mondo sempre più abulico, assente e distratto. I versi, a volte, sono struggenti eppur di grande forza vitale. Evidenziano il dolore dell’uomo e del Cosmo, altre volte, invece, profumano di progetti, di sogni, di futuro tutto da scrivere. Soprattutto da vivere in pienezza.
Parole di alabastro filtrate da sensibilità, intelligenza, raffinata eleganza che non si limitano a creare suggestioni passeggere, ma si fanno relazione e comunicazione. Il poeta non scrive per ricevere plausi, premi e riconoscimenti bensì per una forte esigenza e spinta interiore che, misteriosamente, sostiene il cammino dell’esistenza fatto di salite, pianori, giornate limpide e piovose. Un poetare sorgivo di umana schiettezza, di autentica confidenza con le corde del cuore e con i silenzi “parlati” e delicatamente graffiati.
Bene allora hanno fatto i discendenti di Giacomo Leopardi decidere di aprire, proprio il 21 marzo prossimo, le porte di quelle che furono le stanze in cui Giacomo, ammirato dal mondo, trascorse, a Recanati, i suoi anni giovanili. I visitatori potranno ammirare i saloni di rappresentanza del “paterno ostello” con i dipinti, riportati all’antico splendore sotto l’accurata supervisione della Sovrintendenza alle Belle Arti, raffiguranti armenti al pascolo di cui Leopardi parla nei suoi indelebili scritti. Inoltre il salottino dove i fratelli Leopardi si intrattenevano per i giochi.
Soprattutto si potrà sostare nella camera privata del poeta, con la finestra dalla quale scrutava il cielo, osservando la luna e le vaghe stelle dell’Orsa. L’apertura al pubblico, come asserisce la contessa Olimpia Leopardi che, con altri discendenti , vive nello storico immobile di circa 4000 mq, permette di far fronte alle spese per le tante manutenzioni, anche per quelle relative alle norme antisismiche, in una zona non esente da scosse telluriche. Un modo per ripercorrere la vita di Giacomo Leopardi attraverso i suoi oggetti e “le sudate carte”.
Un viaggio nell’immaginario poetico mentre riecheggia il “perpetuo canto” di Silvia (Teresa Fattorini), musa del celebre canto. Recuperiamo, dunque il valore della poesia, in un mare di “prosa”. Nella convinzione che essa è sempre attualità perché rappresenta il massimo della “speme, ultima dea” e dell’anelito umano verso un mondo “superiore”. Oltre i confini angusti del tempo fisico. Ivana Fornesi