
Cinque studenti lunigianesi ad Amburgo per il torneo internazionale di dibattito

Anno 2019: un mondo letteralmente senza alcuna logica. Vengono alzati i muri e vengono sgretolati i ponti. Le persone si combattono sui social network e la politica scompare. Gli studenti sono vittima di tutto ciò, costretti alla visione di una società in cui gli argomenti non sono argomentati, i pensieri non sono pensati e le discussioni non sono discusse. In questa tempesta che, trovando nel web terreno fertile, ha poi colpito anche il mondo reale, esiste un faro grazie al quale i giovani possono cercare di dare ordine al disordine: il dibattito. È così che in cinque studenti dell’I.I.S. “da Vinci” (quattro del liceo classico “Leopardi” di Aulla, una dello scientifico di Villafranca) – Andrea Mori, Serena Vasoli, Camilla Cardosi, AyaJouat e Milena Giani – accompagnati dal prof. Tieri, giusto qualche giorno fa ci siamo immersi per cinque notti nel gelo dei venti nordici. Località: la città tedesca di Amburgo che, dal 14 al 19 novembre, è stata sede di un importante torneo internazionale di dibattito. Lì, assieme ad altri quattro ragazzi torinesi, abbiamo rappresentato l’Italia agli EurOpen 2019. La competizione ha visto scontrarsi quarantotto squadre provenienti da ben tre continenti e quindici nazioni. Stati Uniti, Hong Kong, Messico, Cina, Argentina, e chi più ne ha, più ne metta. Il campo di battaglia, come già anticipato, è stato il dibattito o, meglio, il debate, poiché, in questo caso, essendo un torneo internazionale, è stato utilizzato il formato mondiale della disputa, il WSDF (World School Debate Format) in lingua inglese.
Proposta una motion (l’argomento di cui si parla in ogni dibattito), le due squadre – proposition e opposition – rispettivamente favorevole e contraria alla motion, devono articolare quattro discorsi, della durata di qualche minuto ciascuno, per convincere i giudici che la propria posizione riguardo all’argomento è migliore della posizione avversaria. Strategia, contenuti e stile: sono questi i tre punti fondamentali su cui ci si gioca la vittoria. Una vittoria che, come si intuisce, va sudata. Una vittoria che non dipende da quanto grossa la spari, ma da come la spari. Gli argomenti non erano scontati, non si discuteva su quale squadra tifasse ognuno di noi. Ci siamo ritrovati di fronte a grandi temi, di attualità e non. Prima della partenza, abbiamo preparato due motion, con cui avremmo affrontato quattro degli otto dibattiti previsti nella fase preliminare: “bisogna nazionalizzare le compagnie energetiche per combattere il cambiamento climatico?”; “l’Unione Europea, dovrebbe punire gli stati membri che vendono armi a regimi non democratici?”. E i restanti quattro dibattiti? Facile: all’improvviso! Letteralmente parlando. Le quattro sfide che non avevamo preparato hanno seguito il formato impromptu. Dopo l’annuncio dell’argomento della sfida, le due squadre vengono chiuse in due stanze diverse, senza accesso a internet né a dispositivi elettronici; a disposizione solo un vocabolario. In un’ora devono preparare i vari discorsi con cui affrontare il dibattito. Cultura, tanta cultura. È quello di cui si ha bisogno in una sfida impromptu. Senza una visione completa del mondo non si potrebbe discutere sull’eliminazione dai social network delle pubblicità politiche né, tantomeno, del rifiuto della riunificazione della Germania, alcuni dei temi trattati durante il torneo. Il risultato finale è andato altamente oltre ogni nostra aspettativa. Sfidare ragazzi madrelingua su contenuti così specifici non è una passeggiata. Siamo comunque riusciti a vincere un paio di sfide ma, al di là del risultato, siamo tornati con tante consapevolezze e conoscenze in più. Perché il dibattito è questo: è tenersi informati giorno dopo giorno; è voglia di scoprire e di conoscere; è riuscire a vedere contemporaneamente la copertina e il dorso di un libro, guardare un problema da punti di vista opposti. È capire, infine, che non esiste una verità assoluta. Con la speranza che, un giorno, strategia, contenuti e stile sovrastino l’odierna troppa voglia di vincere.
Andrea Mori, V A liceo classico statale “Leopardi” Aulla