
È accaduto di nuovo per l’ennesima volta, un weekend quello scorso simile a tanti, troppi altri precedenti, all’insegna dell’allegria, della musica assordante, delle risate, di una bevuta in più che è sempre una di troppo; non pensavano i quattro giovani in provincia di Cosenza – come i coetanei di Ferrara, morti la scorsa settimana – che nel tornare a casa avrebbero causato un incidente per loro mortale e che, nel caso di Cosenza, avrebbe coinvolto un’altra vettura dove viaggiava una coppia di 33 e 31 anni, rimasta gravemente ferita.
Una strage ulteriore: quattro morti, tra i 17 e i 19 anni, due in fin di vita. I film dell’orrore scrivono la sceneggiatura mentre rimane sempre alle prime righe quella del dolore di chi rimane attonito e sconvolto a raccattare scarpe e oggetti vari, attorno e tra i resti dell’auto. “Life is now” , ossia “ la vita è adesso”, per troppi giovani non è solo uno spot, bensì una moda, uno stile comportamentale. Saper guardare avanti è un’abilità che scarseggia nelle giovani generazioni animate da un irrefrenabile senso della sfida nei confronti del dono immenso della vita.
L’eccesso di alcool, lo sballo, la velocità, il sonno, la distrazione per il display dello smartphone… sono provocazioni e ribellioni alle regole credendo stupidamente di essere invincibili. Un fine settimana che ha offerto, purtroppo, tutto il campionario tipico di tali tragedie con una serie infinita di conseguenze incancellabili. Capire perché è successo nuovamente è solo cattiva memoria. Abbiamo perso il conto delle giovani vite rimaste sull’asfalto, sotto cieli stellati o nuvolosi; “lunga e diritta correva la strada, l’auto veloce correva …” per non scordare una nota canzone di Francesco Guccini.
Perciò, in attesa della solita, fredda contabilità di fine anno urge cercare di limitare questi numeri da olocausto. Chi si mette alla guida in stato di ebbrezza o con uno stato psicofisico modificato, oppure alterato per altri pericolosi motivi, causando drammi inenarrabili, deve pagare conti salati. Né si può rimandare l’aumento del numero delle Forze dell’Ordine: presidiare, non militarizzare, le strade è un valido deterrente. Le risorse per tutelare la vita si devono trovare perché essa ha un prezzo incalcolabile. In tali scenari non possiamo, come adulti, non porci domande.
È un dato di fatto che la maggior parte dei nostri ragazzi ottiene, troppo presto e con troppa facilità, denaro e libertà. Tutto “troppo”. La prevenzione resta più efficace della repressione. E allora tocca alla famiglia, alla scuola, alle istituzioni che hanno a cuore la corretta formazione dei giovani l’educazione al rispetto della vita propria e altrui. Sempre. Anche sulle strade.
Sicuramente sono lezioni alquanto impegnative, che implicano tempo, passione, determinazione, dedizione, sacrificio, amore. Del resto la posta in gioco è troppo alta e troppo triste è recitare, sommessamente e in ritardo, il “mea culpa”.
Ivana Fornesi