
Eletto segretario alle Primarie del partito con il 66% dei consensi
La lunga corsa del Partito Democratico sembra arrivata ad una svolta decisiva. Le primarie per la nomina del segretario si sono concluse ed hanno avuto esiti inattesi. Intanto la grande affluenza, oltre 1.600.000 votanti, ha testimoniato almeno la voglia di non essere esclusi dal dibattito politico in un momento nel quale sembra stia sorgendo una certa insofferenza nei confronti del governo Conte (o Di Maio-Salvini).
La sconfitta del referendum sulla Costituzione del 4 dicembre 2016 aveva segnato praticamente la fine dell’era Renzi anche se i numeri della direzione del Pd erano ancora a suo favore e quindi di fatto aveva continuato a governare il partito che ha visto di volta in volta scemare i suoi consensi elettorali fino alla debacle del 4 marzo scorso, dove raggranellò un misero 17%, dopo aver registrato l’uscita di alcuni suoi esponenti storici e il conseguente proliferare di piccole formazioni politiche alla sua sinistra.
Ora sembra iniziare una nuova stagione. Le manifestazioni di piazza che si sono susseguite, anche se non contrassegnate dalla firma Pd, dicono di un sentire nuovo e di un bisogno di una forza di opposizione che recuperi credibilità. D’altronde, la segreteria “a tempo” di Martina, che ha caratterizzato l’anno appena trascorso, non poteva avere grande forza. La piazza organizzata dai sindacati prima e soprattutto la manifestazione di Milano a favore dell’accoglienza (oltre 250.000 persone) non sono state viste di buon occhio dalle formazioni governative, che hanno cercato di svalutarle.
Forse è anche per questo “sentire” diverso che ha avuto successo la partecipazione alle primarie del Pd con i numeri sopra ricordati. Ma soprattutto sono stati importanti i numeri (66%) del successo di Nicola Zingaretti. In tal modo il PD ha un segretario autorevole, che non ha bisogno di “alleanze” con Martina o Giacchetti per sostenere la sua segreteria.

La partecipazione è stata più larga del previsto (un milione di votanti sarebbe già stato un successo!) e Zingaretti ha superato abbondantemente il 50% in ogni parte d’Italia. Secondo i dati di You Trend si è affermato con il 68,15% al Nord, con il 66,53% al centro e con il 59,43% al Sud e Isole. A questo punto diventa evidente che “il convitato di pietra”, Matteo Renzi, non ha più un gran peso politico. Le sue preferenze andavano a Martina (22,5%) e, soprattutto, a Giacchetti (12,5%).
Anche in Toscana, che avrebbe dovuto essere la sua roccaforte, ha subito un tracollo, visto che Zingaretti anche lì si avvicina al 62% quasi ovunque, anche a Firenze, per cui cambia la geografia del Pd anche nella nostra regione. Nella provincia di Massa Carrara, Zingaretti si afferma col 53,19%, sotto media rispetto al dato nazionale. In Lunigiana l’affermazione è molto contenuta: 43,79%. Anche se la vittoria di Zingaretti era prevista, non così era per la partecipazione e per l’ampiezza del successo.
Ma che qualcosa si stesse muovendo nel “sentire” dell’opinione pubblica si era già intravisto nelle elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna dove, pur risultando sconfitto, il Pd aveva ottenuto risultati inattesi per l’aria che tirava. Ora Zingaretti ha davanti il compito di riorganizzare il partito e di chiudere la stagione delle frammentazioni e delle “fughe”. L’uomo pare tenda all’inclusione, alla ricerca di riunire le forze della sinistra ma anche parte del mondo cattolico e dei movimenti.
La ricerca del consenso della terra di mezzo, del centro, per avere la maggioranza nel Paese non ha dato i frutti sperati, anzi. Di Zingaretti si dice che non abbia mai perso una battaglia: già presidente della provincia di Roma, ora è il presidente della regione Lazio.
Non si deve dimenticare che ha attraversato tutto il periodo triste delle turbolenze e degli scandali della “mafia romana” senza che il suo nome sia stato minimamente sfiorato ed ha dimostrato di saper coagulare attorno a sé forze diverse. Inizia il suo lavoro con la “benedizione” dei padri nobili del Pd: da Prodi a Veltroni e con le rassicurazioni dello stesso Renzi.
A questo punto forse qualcuno ha capito che l’orgoglio va messo da parte e che nessuno può più permettersi di fare sgambetti. I nodi da sciogliere non mancano a cominciare dal cercare di smarcarsi dall’accusa di liberismo economico e di compromessi coi poteri finanziari.
C’è anche da chiarire la presenza del polo cattolico-democratico. In quest’area non sono pochi coloro che hanno sostenuto la candidatura del governatore del Lazio, ma c’è da capire quanto gli eredi di questa tradizione potranno incidere sulla visione dei programmi. Ci sarà da evitare la contrapposizione “sinistra sinistra” all’interno del partito alla “destra destra” di Salvini. Si sta andando verso un tripolarismo nel quale bisognerà anche valutare l’atteggiamento da tenere nei confronti dei 5 Stelle.
Zingaretti non può certo pensare di dormire sugli allori!