La coda di paglia di chi critica i cortei dei giovani

12Greta_ThunbergUna sorprendente e imprevista ondata di protagonismo da parte dei giovani, il 15 marzo, ha percorso la società italiana e mondiale. Le manifestazioni sul riscaldamento globale, cominciate con le solitarie ma eclatanti proteste della quindicenne svedese Greta Thunberg, hanno puntato il dito contro le generazioni adulte, ritenute responsabili del modello di sviluppo che ha portato, secondo la scienza, ai cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo.
Era da oltre un quarantennio che i giovani non scendevano in piazza mettendo sotto accusa le generazioni adulte. Gli “sdraiati”, la generazione “senza valori”, “con lo sguardo basso”, i “rassegnati” – solo per citare alcuni degli aggettivi usati per descrivere i giovani di oggi in recenti libri di giornalisti di chiara fama – hanno chiesto uno scatto ai loro padri per garantire la vivibilità sul pianeta alle generazioni future.
In cambio, hanno ottenuto da molti adulti una messe di critiche. Le più scontate: il global strike è stata una buona occasione per non andare a scuola; non sapevano nemmeno per cosa protestavano; provino a cambiare i loro stili di vita, se tanto tengono al pianeta.
Si tratta di constatazioni non prive di fondamento: che le proteste giovanili siano acerbe, contraddittorie, ingenue e pure alimentate da una certa furbizia è evidente. Lo sanno bene quelli che, 40-50 anni fa, occupavano scuole e università teorizzando di cambiare il mondo secondo il verbo di Lenin e di Mao e oggi contestano con fare benpensante gli adolescenti che mettono in discussione il placido ordine delle cose; o quelli impegnati negli anni ’70 sul fronte ecologista e antinuclearista, divenuti 30 anni dopo amministratori di grandi colossi energetici, propugnatori del nucleare e delle fonti fossili; ma anche quei cristiani che negli anni del post-Concilio accusavano la Chiesa di essere borghese e oggi danno fiato alla contestazione nei confronti di Francesco, il Papa della Laudatosi’ e dell’ecologia integrale.
Potrebbero essere i nonni dei millenials scesi in piazza e, vista la parabola della loro generazione, l’aria di sufficienza o i toni severi verso gli allegri cortei del 15 marzo appaiono fuori luogo almeno quanto quelli degli adulti meno anziani, noi quarantenni-cinquantenni che comunichiamo spesso dileggiando e insultando sulla rete e che raramente siamo scesi in piazza: più per saltare in allegria un giorno di scuola, che per fare sentire la nostra voce sui nostri diritti o su una giusta causa; siamo la generazione che ha messo al primo posto il merito, la competizione e il successo individuale.
Questi ragazzi preoccupati per il futuro del mondo non hanno bisogno dei nostri giudizi da fragili pulpiti né di troppi esami e domande. Perché ha ragione Greta Thunberg: “non chiedete ai vostri figli risposte al casino che avete combinato voi”.

Davide Tondani