Valicare le Alpi non fu mai impresa facile

Mentre si discute su opportunità e costi per forare o no le Alpi, ecco un breve escursus dei valichi alpini occidentali e dei personaggi che li hanno attraversati in imprese decisive della storia, da Annibale a Napoleone

Un tratto di strada romana tagliata nella roccia nei pressi del passo del Gran San Bernardo
Un tratto di strada romana tagliata nella roccia nei pressi del passo del Gran San Bernardo

In tempi di aspre battaglie verbali della politica e di contestazioni di piazza, su opportunità e costi per forare o no le Alpi a monte della valle della Doria Riparia con una linea ferroviaria di Treno Alta Velocità (TAV), non è fuori luogo scrivere, a grandi linee e per il solo arco piemontese e valdostano, dei valichi alpini e dei personaggi che li hanno attraversati in imprese decisive della storia antica medioevale e moderna. Le Alpi sono una sezione del lunghissimo corrugamento orogenetico che va dai Pirenei all’Himalaya, “schermo” messo dalla Natura a confine e protezione dell’Italia – osservava Petrarca; attenuano solo in pochi punti la loro verticalità, valicarle è sempre stato difficile.
L’impresa più ardita e più famosa dell’età antica è quella di Annibale Barca che da Cartagine mosse l’esercito attraverso Spagna, Pirenei e il passo del Piccolo San Bernardo (o forse il Monginevro o il Moncenisio secondo alcuni storici) nel 218 a. C. sconvolse i piani strategici romani nella II guerra punica, penetrò in Italia, sconfisse i romani in quattro battaglie sui fiumi Ticino e Trebbia, a Tuoro sul lago Trasimeno e a Canne in Puglia. Ma la vittoria finale fu di Roma che, consolidato il suo predominio sul mar Mediterraneo, sottomessi i popoli dell’Italia, iniziò ad espandersi nelle province esterne: penisola Iberica raggiunta via mare, la “Provincia” (da cui Provence), la Gallia Narbonensis raggiunta per la via consolare costiera Aurelia tracciata dopo la sottomissione dei liguri.
08val_di_SusaMa fu la guerra di Cesare dal 58 al 52 a.C. contro la Gallia Aquitanica, Belgica e Celtica a spingere gli eserciti romani a trovare valichi sulle Alpi, quelli valdostani tra i quali la via di Annibale, il Gran San Bernardo per attaccare il popolo celtico degli Elvezi, stanziati tra il lago di Costanza e i monti del Giura.
Altra celebrata traversata sui valichi alpini del Piemonte è di Carlo non ancora detto Magno nel 772 dell’era cristiana. Nel percorso che portò la Francia a diventare una temibile potenza militare si inserisce anche la guerra in Italia di Carlo della nuova dinastia (i Carolingi) che aveva spodestato i Merovingi. Dopo i tempi burrascosi dei regni longobardi di Liutprando e Astolfo contro i bizantini, ci fu un tempo di buoni rapporti tra franchi e longobardi che dominavano molta parte dell’Italia, sanciti dal matrimonio di Ermengarda figlia del re Desiderio con Carlo re dei franchi. Ma la concordia durò poco per “iniqua ragion di stato” che portò Carlo a ripudiare la moglie, rispondendo all’appello di papa Adriano mosse guerra al re Desiderio espugnando Pavia con conseguente fine del regno longobardo nel 774. Per portare l’esercito in val Padana Carlo poteva passare solo per il valico alpino delle Chiuse d’Italia ancora oggi chiamato Chiusa verso lo sbocco in val di Susa. Qui i longobardi avevano rafforzato le difese e aumentato i combattenti; Carlo non poteva avanzare e temeva che non ci fosse altra strada per sboccare in Italia; era pronto a rinunciare.
Nella tragedia storica “Adelchi” Manzoni, attingendo notizie dal Chronicon dell’abbazia di Novalesa in val Susa, dice che, mentre i franchi erano pronti a tornare alle loro case, Martino diacono inviato da Leone arcivescovo di Ravenna mostrò a Carlo un altro passaggio attraverso il quale “invitato venne in Italia”, conferma un’altra fonte storica, quella di Agnello Ravennate.

Dalla tragedia manzoniana dell’Adelchi: il diacono Martino scopre un nuovo valico in val Susa

08val_di_Susa1Prima delle tecniche di costruzione di gallerie, scavalcare i monti era impresa dura e incideva sull’economia, sulle strategie belliche, su ogni tipo di relazioni. Lo leggiamo nella tragedia del Manzoni Adelchi che svolge tre drammi: la fine del regno longobardo con la rovina di re Desiderio e del figlio Adelchi; il morir d’amore di Ermengarda sempre legata da terrestri ardori per Carlo che invece l’ha ripudiata; l’illusione della gente d’Italia, volgo disperso che nome non ha, che Carlo sia venuto a portare libertà dai crudi signori: la libertà non la regala nessuno, va conquistata e tutelata insegna il risorgimentale Manzoni.
Carlo venne in Italia in soccorso al papa, mosso in realtà da passione di dominio che lo farà restauratore dell’Impero Romano, ma Sacro e poi Germanico fino al suo ultimo giorno nel 1919. Tanto progetto sembra crollare nel 772: Carlo dispera di superare Le Chiuse in val Susa, è già pronto a rinunciare, non sospetta che ci sia un altro valico per scendere in Italia. Viene da Ravenna Martino a insegnare la via al salvator di Roma. Dio mi guidò dice attraverso monti dopo monti fino al campo dei franchi. Il racconto è una delle più alte creazioni di poesia della montagna: mille son que’ monti, e tutti erti, nudi, tremendi, inabitati: solo foreste d’intatti abeti, ignoti fiumi, e valli senza sentier; tutto tacea, ad ora ad ora lo scrosciar dei torrenti, o l’improvviso stridir del falco, o l’aquila, dall’erto nido spiccata sul mattin, rombando.

08Napoleone_valicaAlpiI difficili passaggi sulle Alpi occidentali non impedirono ai tanti pellegrini della via Francigena (valico alpino è il Gran San Bernardo in Itinerario di Sigerico) e a tanti eserciti di scendere in Italia per conquistarla. Arriviamo alle guerre napoleoniche. Nella II campagna d’Italia della primavera del 1800 contro Austria e Inghilterra, ancora in armi dopo lo scioglimento della II coalizione antifrancese, dai valichi del Piccolo San Bernardo, del Moncenisio e del Monginevro calarono colonne minori mentre Napoleone col grosso delle truppe superò il Gran San Bernardo con ”una marcia difficile e rimasta leggendaria” (A. Saitta) e entrò in Milano.
Con una mossa rischiosissima si diresse poi verso Alessandria e nei pressi della città, a Marengo, il 14 giugno ci fu lo scontro decisivo contro gli austriaci. Fece un complesso di errori strategici commessi nella fretta e nell’improvvisazione: era nella necessità di ottenere un successo militare a qualsiasi costo per fare la sua scalata al potere politico. Mentre la sconfitta sul campo era sicura, all’improvviso arrivarono freschi rinforzi passati dal valico del Gran San Bernardo comandati dal generale Desaix, che morì sul campo ma fece capovolgere la situazione a favore di Napoleone, che prese per sé merito e vantaggi, come a volte succede.

Maria Luisa Simoncelli