
Si aprirà il 10 giugno il processo contro i militari dell’Arma accusati di abusi e violenze perpetrate nelle caserme di Aulla e Albiano Magra
Era accusato di falsa testimonianza, Mario Mascia, carabiniere di 51 anni originario di Oristano, ma è stato prosciolto su richiesta dello stesso pubblico ministero, Alessia Iacopini. Per tutti gli altri Carabinieri (27 residenti fra la Lunigiana, La Spezia e l’Umbria, e un 40enne marocchino) coinvolti nell’inchiesta della Procura, svolta due anni fa, sulla base di testimonianze di diversi extracomunitari con più precedenti in merito a pestaggi e violenze avvenuti nelle caserme di Aulla e di Albiano Magra, ci sarà il processo. Tra gli indagati c’erano anche una donna marocchina condannata a un anno e quattro mesi per corruzione e un cittadino lunigianese assolto per insussistenza del fatto contestato: l’uomo venne accusato di porto abusivo di armi perché si era rivolto a un amico carabiniere chiedendo di aiutarlo a liberarsi di una pistola trovata dentro a una casa appena comprata. Il giudice per le udienze preliminari, Fabrizio Garofalo, ha dunque deciso di rinviare a giudizio tutti i carabinieri indagati con l’accusa di pestaggi, violenze anche sessuali e minacce anche a sfondo razziale. La data prevista per l’inizio del processo è il 10 giugno. A dare il via all’indagine le denunce presentate da alcuni stranieri fermati per controlli nei mesi precedenti dalle pattuglie dei carabinieri lunigianesi. Dal loro racconto sarebbero così emersi gravi comportamenti da parte di alcuni militari, come ad esempio il pugno in faccia rifilato da un sottufficiale a un 30enne marocchino nel corso della perquisizione in casa. Per la Procura c’era invece una matrice “a sfondo razziale” dietro il comportamento di un altro militare che secondo le accuse avrebbe apostrofato un giovane extracomunitario con espressioni offensive, per poi costringerlo a subire una violenza sessuale. In un terzo episodio, dopo un inseguimento nelle strade di Aulla, a un 30enne nordafricano “era stato schiacciato il volto contro l’asfalto con una scarpa”, poi “sbattendogli la schiena contro il muro, gli è stata infilata in bocca la canna della pistola” da parte di due sottufficiali dell’Arma. Secondo la Procura, è difficile pensare che i vertici locali dell’Arma non fossero a conoscenza del modus operandi della squadra della Lunigiana e anche per questo nel registro degli indagati sono finiti i due comandanti, al momento dei fatti: quello provinciale e quello di stazione a Pontremoli con l’accusa di favoreggiamento.