La Prima Guerra Mondiale: quell’inutile strage con quasi 10 milioni di morti

Furono 28 i Paesi coinvolti, 65 milioni gli uomini mobilitati. Italiane un decimo delle vittime

Grande Guerra
Distribuzione della posta ai soldati italiani in trincea sul fronte della Grande Guerra

La Prima Guerra Mondiale, combattuta tra l’estate 1914 e l’autunno 1918, vide coinvolti ben 28 Paesi divisi in due schieramenti: l’Intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia, Italia e alleati tra i quali gli Stati Uniti entrati in guerra nell’aprile 1917) e gli Imperi Centrali (Austria-Ungheria, Germania e alleati).
Teatri di guerra, oltre all’Europa, furono anche i territori dell’Impero Ottomano, quelli delle colonie tedesche in Asia, nonché tutti i mari. Si stima che in totale siano stati mobilitati circa 65 milioni di uomini, con un bilancio di vittime calcolato in 9,7 milioni di morti e 21 milioni di feriti m olti dei quali con gravi multilazioni.
Per comprendere quanto davvero la Prima Guerra Mondiale sia stata uno dei conflitti più sanguinosi della storia dell’umanità basta ricordare le stime di quanti persero la vita.
Tra gli Alleati si contarono circa 2 milioni di morti tra i soldati russi, 1,4 milioni francesi, 1,1 dell’Impero britannico, 370.000 serbi, 250.000 rumeni e 116.000 statunitensi. Nello schieramento degli Imperi Centrali: 2 milioni i soldati tedeschi oltre a 1,1 milioni di austro-ungarici, 770.000 turchi e quasi 100.000 bulgari. Per quel che riguarda l’Italia (che all’epoca poteva contare su una popolazione di poco superiore ai 35 milioni di abitanti) il bilancio fu pesantissimo.
L’Italia mobilitò nella Prima Guerra Mondiale ben 6 milioni di uomini: di questi furono 651.000 i soldati morti. Poi si devono aggiungere più di un milione di vittime civili, 432.000 delle quali a causa dell’epidemia di influenza spagnola che colpì anche il nostro paese tra il 1918 e il 1920.

A Pontremoli il Corriere Apuano annuncia la vittoria
e racconta l’atmosfera di grande festa

Mons_Angelo_FioriniL’attesa era stata grande e tormentata. Il vescovo della diocesi di Pontremoli mons. Angelo Fiorini (nella foto) aveva esortato a tenere alto lo spirito di resistenza dopo la disfatta di Caporetto, aveva invitato a intensificare le preghiere nell’ora del maturarsi della pace e chiedeva offerte per aiutare le popolazioni provate dalla guerra combattuta sulle loro terre.
Il Corriere Apuano aveva aperto una sottoscrizione per i profughi della Venezia Giulia e pubblicava lettere di soldati angosciati di aver perso le conquiste di due anni, ma anche pronti a salvare l’Italia. Pagine intere del settimanale esaltano l’eroismo dell’esercito unito in una guerra “non voluta, ma imposta dalla malizia dei nemici e da una tremenda fatalità”. Venne riaperto l’ospedale di riserva nel Seminario che accolse un treno di feriti e malati gestito dalla Croce Rossa Italiana.
Finalmente giunse l’alba radiosa; il 3 novembre, lo stesso giorno della firma dell’armistizio, i soldati italiani entravano a Trento e Trieste. Pontremoli esulta, il Campanone suona alla grande e a lungo, il punto di riferimento è come sempre la Madonna del Popolo, la gente accorre in Duomo a pregarla cantando le litanie. Nelle piazze risuonano inni patriottici suonati dalle due bande “La Filarmonica” e la ”Giuseppe Verdi”, si grida “viva il vescovo”.
Si legge sul Corriere Apuano la speranza che sorga “ l’ora nuova alla luce dei valori cristiani” insieme all’elogio dei giovani cattolici per il coraggio in guerra e per essersi distinti per disciplina e fortezza.
Si pensa anche al dopo con l’invito a non usare la vittoria a fini di rivoluzioni politiche,”come facevano i repubblicani e altri partiti avversari che aspettano il momento propizio per gettarsi su di noi”. Continua con più vigore la polemica politica tra cattolici e liberali e socialisti. La nuova realtà dell’ingrandimento dell’Italia con l’acquisto della “Venezia Tridentina e Giulia” viene percepito anche dalle cronache provenienti da quelle terre “redente”.