Sanità: in 40 anni posti letto più che dimezzati

Come è cambiato il Servizio sanitario nazionale istituto nel 1978

Domenico di Bartolo, "Cura degli ammalati" (sec. XV). Ospedale Santa Maria della Scala, Siena
Domenico di Bartolo, “Cura degli ammalati” (sec. XV). Ospedale Santa Maria della Scala, Siena

L’istituzione del Ssn (Servizio sanitario nazionale) con la legge 833/1978, la riforma dei primi anni ’90, il passaggio al federalismo sanitario, l’assetto attuale della Sanità. Sono i quattro punti cardine intorno ai quali ruota il “Rapporto sanità 2018 – 40 anni del Servizio sanitario nazionale” elaborato da Nebo Ricerche Pa su dati dei ministeri della Salute e dell’Economia e delle finanze.
Lo scenario che ne deriva non è propriamente roseo, tra servizi sanitari che virano sempre più verso l’ambito privato, insufficienza di personale del Ssn, scarsità di medici di base, esodi di pazienti verso strutture di altre regioni. Nel report vengono ricostruite le mappe territoriali a partire dal primo elenco di Unità sanitarie locali (Usl): erano 695 nel 1981, ridotte alle 101 Aziende sanitarie attuali, che dalla riforma del 1993 comprendono anche le Aziende ospedaliere, i Policlinici e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) pubblici. I posti letto sono diminuiti di più della metà: da oltre 500 mila a poco più di 200 mila.
Dimezzata la durata media dei ricoveri, che passa da quasi 13 giorni a meno di 7. In particolare, sono passati da quasi 70mila a meno di 5mila i letti di psichiatria, secondo il percorso avviato dalla legge Basaglia del ’78. Marcata la crescita dell’assistenza ospedaliera privata: a livello nazionale il rapporto tra posti letto privati e pubblici è di 1 a 4 contro l’1 a 6 di 40 anni fa.

Veduta aerea del Nuovo Ospedale delle Apuane a Massa
Veduta aerea del Nuovo Ospedale delle Apuane a Massa

C’è, però, molta eterogeneità fra le regioni: in Liguria e in Basilicata si calcola un letto privato ogni 19 pubblici, mentre in Campania e in Calabria si arriva a uno ogni due. In questo contesto, spicca l’aumento di assistiti che, soprattutto dal sud – in particolare da Puglia e Calabria – ricorrono a ricoveri ospedalieri in Lombardia, Emilia Romagna o Toscana. Per quanto riguarda il personale, l’ultima rilevazione (2016) indica in circa 104.500 medici e quasi 262.500 infermieri le risorse su cui può contare il Ssn, complessivamente 367mila professionisti dipendenti.
Quasi 70mila in più rispetto a 40 anni fa, numero tuttavia inadeguato di fronte all’aumento della popolazione e soprattutto al suo invecchiamento. Anche qui non mancano le diversità a livello territoriale: a fronte di una media nazionale di 17 medici ogni 10mila abitanti, nel Lazio ce ne sono soltanto 13 e in Sardegna 26. In modo simile, la presenza di infermieri in Friuli Venezia Giulia è doppia rispetto alla Campania.
Complessivamente, dunque, il numero di operatori rispetto agli abitanti risulta in calo a livello medio nazionale e in quasi tutte le regioni, in particolare in quelle settentrionali, mentre il quadro demografico evidenzia il progressivo aumento dell’indice di vecchiaia e della speranza di vita, quest’ultima salita di ben 8 anni nell’arco dei quarant’anni descritti.