
Lo hanno meritato la giovane irachena e il ginecologo congolese
Non i potenti della Terra hanno scelto i membri della Commissione che assegna il Premio Nobel per la Pace, l‘unico che per testamento del fondatore Alfred Nobel viene deciso a Oslo: il 5 ottobre infatti la segretaria ha proclamato il nome di una giovane ragazza di 25 anni, Nadia Murad, che ha subito violenze di ogni tipo. Questa la sua storia: è nata in Iraq e appartiene alla minoranza etnica yazida, da tempi remoti abitante in una porzione dell’antica Mesopotamia e considerata apostata dai fondamentalisti islamici e fatta obiettivo di genocidio.
Catturata a 19 anni, sta con altre cinquemila donne e bambine fatte schiave, comprate e vendute più volte ai miliziani dei terroristi dell’Isis che praticano stupri e altri abusi sessuali per soddisfare la loro libidine ma anche come arma di guerra, come terrorismo e sterminio etnico.
Viveva con la sua numerosa famiglia nel villaggio di Sinjar nell’Iraq nordoccidentale, studiava alle scuole superiori col proposito di diventare insegnante di storia. Qui il 15 agosto 2014 piombano i terroristi islamici e massacrano e spargono sangue in modo indiscriminato: in quel solo giorno rapiscono e uccidono 700 persone, catturano altre 60 donne tra le quali la madre di Nadia che viene uccisa perché ritenuta troppo vecchia per usarla come schiava, anche 6 fratelli e le loro mogli e figli saranno ritrovati nelle fosse comuni.
Nadia con altre 150 ragazze tra i 9 e i 28 anni è portata a Mosul dentro un Centro di distribuzione, come le altre usata, bruciata con sigarette e sfruttata come schiava sessuale. Riesce a fuggire quando il combattente che l’aveva usata dimentica di chiudere a chiave la porta, aiutata da una famiglia, arriva in un campo profughi e ripara a Stoccarda dove viene accolta da un’Associazione che si prende cura delle vittime sopravissute all’Isis.
Qui dal dicembre 2015 comincia a denunciare alla comunità internazionale i misfatti dei miliziani islamici contro gli yazidi e riesce a parlare davanti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU; sui media porta l’attenzione sul genocidio del suo popolo, sulla tratta di esseri umani praticata da una “burocrazia del diavolo a scala industriale”, denuncia la cattura di 1200 bambini strappati alle famiglie per farli combattenti, tra questi un suo nipote.
L’altra persona premiata è il ginecologo e ostetrico Denis Mukwege attivista nella Repubblica democratica del Congo per chiedere che siano puniti gli stupratori di gruppo nelle guerre e conflitti interni spesso sostenuti da forze interessate al mercato delle “terre rare” ricche di materie prime per l’industria elettronica e nucleare. Ha denunciato più volte il suo governo e altri paesi per non aver fatto abbastanza per fermare la violenza sessuale sulle donne, ha fondato un ospedale ed è diventato il massimo esperto mondiale per curare i danni fisici interni causati dallo stupro. Attivo anche nella battaglia per la libertà di pensiero, aveva già meritato dal Parlamento europeo il Premio Sakharov, come pure Nadia Murad. (m.l.s.)