Scelte discutibili nel decreto-legge Salvini approvato dal Governo. Abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e Sprar solo per i minori non accompagnati e pochi altri
Il Consiglio dei ministri ha approvato, all’unanimità, il cosiddetto “decreto Salvini”, un testo che unisce due provvedimenti, in origine dati come separati, in materia di immigrazione e di sicurezza. Una scelta già di per sé eloquente. Così, nei 42 articoli suddivisi in 4 titoli, si trovano mescolati argomenti molto eterogenei. Se l’accento, infatti, viene posto sulle norme in tema di immigrati e richiedenti asilo – come è emerso anche nella conferenza stampa che si è svolta a Palazzo Chigi dopo il Consiglio – nel decreto si parla anche di occupazioni abusive e beni confiscati ai mafiosi, solo per fare alcuni esempi.
Il cambiamento che appare più rilevante riguarda l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che consentiva di accogliere persone bisognose di tutela al di fuori delle ipotesi di protezione internazionale ordinarie (status di rifugiato e protezione sussidiaria). Saranno concessi soltanto permessi temporanei relativi a sei fattispecie, tre delle quali già previste dalle norme in vigore (vittime di tratta, di violenza domestica, di sfruttamento lavorativo) e tre specificate nel nuovo decreto (condizioni di salute di eccezionale gravità, provenienza da Paesi colpiti da calamità naturali e riconoscimento di atti di particolare valore civile).
A farne le spese è il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che pure era considerato da operatori ed esperti l’esempio più virtuoso di accoglienza per il suo carattere diffuso e il coinvolgimento delle comunità locali. Sarà riservato soltanto ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati. Viene anche confermata la volontà di ridurre la quota giornaliera destinata ai Centri di accoglienza, attualmente di 35 euro.
Fa molto discutere, e potrebbe far sorgere problemi di incostituzionalità, l’idea di bloccare la domanda di protezione internazionale ed avviare l’interessato alla pratica di espulsione anche solo in base al concetto di “pericolosità sociale” o di fronte a una condanna in primo grado. Il termine massimo di trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri viene portato a 180 giorni rispetto agli attuali 90.
Prima della pubblicazione del decreto-legge sulla Gazzetta Ufficiale il decreto passerà al vaglio del Quirinale per la firma del Capo dello Stato. Poi il decreto dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro sessanta giorni e la componente 5Stelle della maggioranza ha annunciato modifiche su alcuni punti non concordati.
Critiche al provvedimento già così come è stato presentato vengono da diverse associazioni impegnate nell’aiuto alle persone in difficoltà.
Medici senza frontiere vede nel decreto un ulteriore passo verso la criminalizzazione della migrazione, in mare e in terra, e il totale disinteresse per la vita, la salute e la dignità di migliaia di uomini, donne e bambini. Il Centro Astalli esprime preoccupazione perché “ancora una volta si va a reiterare la nefasta equazione che assimila i problemi di sicurezza interna al tema della gestione delle migrazioni e in particolare delle migrazioni forzate”.