
Filetto di Villafranca. Esposta una selezione di quadri dell’artista scomparso nel 2004
L’Associazione Culturale La Stele ospita, fino al 26 agosto a Filetto, la retrospettiva di Norberto Bertucci, a quattordici anni dalla scomparsa: disegni, progetti di architettura e dipinti che formano una concentrata antologia visiva delle sue stagioni creative lungo sessant’anni di produzione.
Lo storico dell’arte Davide Pugnana, curatore della mostra, spiega che: “Da un lato, la retrospettiva offre sempre l’occasione per rimeditare l’attività di un artista alla luce della giusta distanza storica e nel suo disegno complessivo che la morte biologica ha fermato e reso compiuto, consegnando l’artista alla sua seconda e più durevole vita: la vita delle forme. Dall’altro lato, porre mano ad una collezione così vasta come quella di Bertucci dev’essere l’inizio di una sistemazione scientifica e critica della sua opera che abbia come fine la piena abilitazione del pittore nelle file della storia dell’arte, anche mediante la scrittura di un catalogo ragionato nel quale futuri studiosi possano trovare uno strumento di riferimento e uno stimolo per nuove ricerche sull’arte del Novecento lunigianese e, in senso lato, italiano”.
La retrospettiva abbraccia un arco cronologico molto vasto e parte dalle opere di esordio tra il 1947-49, con disegni dal sentore picassiano e scenari urbani risolti nel segno della pittura metafisica di De Chirico e Carrà, maestri ai quali Bertucci guarda con straordinaria intelligenza figurativa, assimilandone la lezione e declinandola subito in un proprio stile personale.
Una sezione è dedicata ai disegni di architettura eseguiti per commissioni in Arabia Saudita che restituiscono al visitatore un intreccio elegante di disegno, colore e ricerca di strutture geometriche. Per tutta la sua carriera, Bertucci si è misurato con due generi tradizionali: il ritratto e la rappresentazione della figura femminile che compare, in mostra, in tre valenze (la maternità, l’erotismo e l’esotismo).
Ai maestri della pittura, Bertucci dedica ritratti celebrativi, come quelli a Picasso e Carrà. Sono, infine, presenti opere non finite che permettono di ricostruire il processo creativo dell’artista nelle sue prime stesure.
Spiega Pugnana: “Questa retrospettiva ha un taglio che riduce al minimo indispensabile la biografia di Bertucci, i fatti cronachistici della sua vita, gli avvenimenti minimi che alimentano un voyeurismo attraverso il quale spesso si leggono le opere, perdendone di vista il valore espressivo. Viene ricostruita quella che lo scrittore russo Nabokov definiva la biografia dello stile e che nel caso di Bertucci diventa ricerca di una linea sempre più pulita di disegno; o l’esplorazione dei colori e dei loro accordi, anche in chiave simbolica e inseriti in composizioni via via più articolate. In questo percorso non mancano le deviazioni dalla norma classica, verso esiti di ardito sperimentalismo, soprattutto nel trattamento delle anatomie delle figure risolte con sottolineature enfatiche o volute deformazioni. Ho anche trascelto dei passi significativi dagli scritti di Bertucci e trasformati in pannelli che, nel loro dialogo con le opere in mostra, rendono ancora più completo il racconto dell’opera di questo artista così profondo.”