
Spariscono le “regioni rosse” e l’onda leghista travolge il Pd
Con i ballottaggi dovrebbe essere finita una interminabile campagna elettorale che durava da prima delle elezioni politiche, seguite dalle amministrative che hanno coinvolto circa 7 milioni di cittadini. L’esito ha ricalcato praticamente le orme del primo turno del 10 giugno. L’onda leghista ha continuato la sua marcia, facendo da traino al centrodestra, i grillini hanno confermato la loro fragilità sul territorio, il Pd ha rasentato il naufragio.
L’affluenza alle urne per questo secondo turno è stata inferiore alla metà degli aventi diritto: 47,6%. Non è una novità. Al ballottaggio, in mancanza di candidati graditi, molti preferiscono l’astensione, tuttavia non si può ignorare che questa volta sia andata oltre le peggiori aspettative. Prima del voto nelle 20 città capoluogo di provincia, più Ancona capoluogo di regione, c’erano 16 amministrazioni di centrosinistra, 1 M5S, 4 commissariate.
Dopo i ballottaggi il panorama è radicalmente cambiato: 11 amministrazioni al centrodestra, 5 al centrosinistra, 2 al M5S, 3 a liste civiche. Il dato più importante che emerge è che non esistono più le “regioni rosse”. Il Pd ha perduto in un sol colpo Pisa, Siena e Massa in Toscana e Terni in Umbria. Cede anche diverse città non capoluogo come Imola, Ivrea, Castellamare di Stabia, Sarzana dove era al governo da sempre. E questo è il fatto più eclatante.
Quando si guarda al complesso dei 75 comuni andati al ballottaggio i numeri sono un po’ più equilibrati: in 28 casi ha vinto il centrodestra, in 20 il centrosinistra, in 5 il M5S, nei restanti liste civiche o indipendenti. I grillini hanno vinto in 5 ballottaggi su 7, ma va ricordato che hanno perso nell’unico comune che governavano (Ragusa) e hanno perso nei due municipi di Roma.
Da una prima analisi dell’Istituto Cattaneo sui flussi di voto emergono conclusioni interessanti. “Nell’affermazione del centrodestra, spiega Marco Valbruzzi, coordinatore dell’Istituto, non c’è un effetto-traino della Lega in quanto tale, quanto dei temi posti sul tavolo da Matteo Salvini che sembrano far presa sull’elettorato”, non ultimo l’emigrazione.
Ma c’è anche un altro dato significativo che mostra come sia stato penalizzato chi era al governo: su 111 città andate al voto, tra il primo e il secondo turno, hanno cambiato colore ben 60 amministrazioni. Il centrosinistra, che governava nella maggioranza delle città ha pagato il prezzo più alto: ha perso in 39 casi su 61. Anche il centrodestra ha visto la sconfitta in 13 su 32.
Da ciò sembra si possa dedurre che il centrosinistra viene penalizzato per essere visto come partito tradizionalmente di governo, soprattutto dai grillini. Non è un caso che nei ballottaggi il centrosinistra esca da parecchio tempo con le ossa rotte. Soprattutto al Nord, in mancanza di candidati di riferimento, è facile trovare “intese” per abbattere il “nemico” comune.
La cosa, poi, è facilitata dal fatto che troppo spesso il Pd, dopo estenuanti polemiche, designa candidati all’interno della sua cerchia: personaggi che spesso non attraggono elettori al di fuori del loro bacino di utenza. Quando, come è accaduto anche in queste elezioni, apre alla società civile (movimenti o liste civiche) ottiene qualche risultato più soddisfacente.
Non è un caso che in 19 comuni al ballottaggio il sindaco sia uscito proprio da queste liste. C’è maretta in tutte le coalizioni.
Nel centrodestra Berlusconi non è troppo contento dei risultati perché teme di essere fagocitato da Salvini. Tra i cinquestelle si teme una certa erosione di voti e sia Di Maio che Salvini dovranno passare al più presto dalla propaganda ai fatti. Chi è in mare di guai è il Pd. Ancora una volta si discute senza trovare una voce univoca, soprattutto in troppi sanno a chi dare la colpa di risultati così deprimenti e tutti fanno l’esame di coscienza agli altri.