La relazione annuale della Corte dei Conti sui costi dell’immigrazione
La gestione dei flussi migratori e dei migranti è da tempo un tema nevralgico presente nel dibattito politico e anche nei discorsi tra semplici cittadini. A intervalli – di preferenza in prossimità di appuntamenti elettorali – vengono agitati gli spettri della paura, ingigantita la portata degli sbarchi. In tal modo si alimenta la rabbia per le spese relative all’accoglienza degli “stranieri”, mentre gli italiani restano indietro.
La relazione annuale della Corte dei Conti, trattando proprio la questione dei costi dell’accoglienza, con un esame dettagliato delle spese e dell’organizzazione di quell’attività, può aiutare a cogliere le reali criticità della gestione di tale fenomeno. In questo modo si possono disinnescare le critiche ideologiche cavalcate da chi alimenta la paura nei confronti dei migranti.
Secondo i dati del Ministero, negli ultimi quattro anni il numero delle richieste di protezione come rifugiati supera le 267 mila; dato che negli ultimi 25 anni ce ne sono state un po’ meno 650mila, ciò significa che sono quasi raddoppiate in quattro anni. Un impatto importante su una struttura che negli ultimi tempi è stata riprogettata.
Si distinguono così i centri di prima accoglienza, che dovrebbero gestire l’ingresso, l’assistenza immediata e il riconoscimento delle persone che entrano nel nostro territorio, e i centri di seconda accoglienza, che dovrebbero ospitare per un periodo limitato le persone che inoltrano la richiesta di protezione. La spesa complessiva si aggira attorno a 1,7 miliardi di euro. Si osserva però che il costo della mancata distribuzione sul territorio europeo dei richiedenti asilo è stimato sui 760milioni.
Quello che non va, perciò, non dipende tutto da noi, tuttavia ci sono aspetti che potrebbero essere migliorati. I limiti dell’amministrazione pubblica a tracciare gli spostamenti delle persone prese in carico sia nel passaggio dai centri di prima accoglienza a quelli di seconda accoglienza, sia durante il periodo in cui i titolari di protezione internazionale sono presenti nei centri di seconda accoglienza.
I tempi necessari per decidere sulle domande di protezione: in media un anno e durante questo periodo tutti sono a carico dello Stato, anche chi poi risulterà non avente diritto: il 56% attualmente. Questi ultimi diventano immigrati irregolari, che non verranno rimpatriati, perché il costo è troppo alto.
Rimangono nel nostro Paese ma non hanno diritti; vivono quindi in un limbo che può introdurli nel giro della criminalità, nel mercato del lavoro nero, in attività illecite. È sottolineata poi la necessità di verifica delle condizioni delle strutture di accoglienza: quando nei centri si ravvisano carenze si causano problemi sia agli ospiti, sia alle comunità in cui quei centri sono inseriti.