La Siria verso il disastro totale

Uno dei più preoccupanti focolai della insorgente “terza guerra mondiale a pezzi”

15Siria1Siamo ancora una volta a temere che una delle tante guerre regionali, come quella in Siria, si allarghi a diventare mondiale. L’attuale terribile guerra civile siriana, che è entrata nell’ottavo anno e che coinvolge forze esterne al Paese, potrebbe deflagrare in ogni momento in una catastrofe ancora più spaventosa.
Nonostante i media non diano un quadro da allarme rosso, lasciando le aperture allo sfinimento delle ipotesi sul futuribile governo italiano, la crisi, per l’intrigo di forze e di obiettivi che ha scatenato, è paragonabile per gravità e pericolo con quella del 1962 a Cuba, quando in appoggio al regime comunista di Fidel Castro l’Unione Sovietica aveva installato missili puntati su città americane.
Per superare la minaccia l’ultimo capo sovietico, Gorbaciov, sta esortando Trumph e Putin a parlare invece di farsi una nuova guerra fredda, come seppero fare Kennedy e Kruscov allestendo un telefono rosso di emergenza quando già la flotta sovietica era in spedizione contro gli Stati Uniti.
Martedì scorso la Marina militare americana ha fatto partire il cacciatorpediniere “Donald Cook” dal porto cipriota di Larnaca verso le coste siriane; la nave è stata sorvolata per reazione da jeet russi a bassa quota. Da tempo un aereo P8 Poseidon pattuglia il mare da Cipro alla Siria decollando da Sigonella in Sicilia. L’allarme è al massimo e su più fronti.
Syrian Civil War1Siriani, russi e iraniani temono un possibile attacco dagli americani. Israele spinge per un attacco per impedire che l’Iran aumenti la sua presenza in Siria ed ha compiuto un raid aereo con due F15 sulla base siriana T4 presso Homs. L’Arabia Saudita sostiene gruppi diversi di ribelli per rovesciare il regime di Assad, alleato con l’Iran. La Turchia combatte contro i curdi, che definisce terroristi, per rendere vano il piano di Israele e Usa di formare un “grande Kurdistan” per indebolire Siria e Iran.
Gli Stati Uniti, che non possono mettersi contro la Turchia, membro della Nato e alleato chiave in Medio Oriente, accusano Putin di aver reso la Russia sempre più forte e influente in un’area così strategica.
Le ultime atrocità, con accuse e smentite reciproche, sono l’uso di barili di cloro a Duma, roccaforte dei ribelli nella Ghouta Est; è la guerra chimica che l’esercito di Assad continua a fare, il 7 aprile più di 100 i morti, soprattutto bambini, donne, anziani.

Sette anni di guerra

Syrian Civil WarNel marzo 2011 inizia la guerra civile contro Assad. Nel 2012 un cessate il fuoco è violato dalle forze fedeli ad Assad, i ribelli reagiscono con attacchi suicidi e prendono Aleppo; Obama lancia un ultimatum contro l’uso delle armi chimiche. Nel 2013 la strage della Ghouta: il regime è accusato di attacco chimico con più di 1.400 uccisi. Nel 2014 falliscono i colloqui di pace avviati a Ginevra; nuove accuse di uso di agenti chimici. Le forze Usa e 5 alleati arabi fanno i primi raid contro l’Isis, che nel 2015 controlla Palmira: ne distrugge il patrimonio archeologico e compie infinite atrocità. A settembre la Russia lancia i primi raid aerei. Nel 2016 i siriani liberano per qualche mese Palmira dall’Isis. A marzo 2017 Palmira torna alle forze siriane. La Turchia avvia l’operazione “Scudo dell’Eufrate” colpendo obiettivi Isis e curdi. I siriani coi russi e Hezbollah libanesi riprendono Aleppo. Gennaio 2017: ad Astana prima consultazione tra Damasco e opposizione. Falliscono nuovi colloqui di pace a Ginevra. Il 4 aprile presunto attacco chimico a Khan Sheikhoun, reazione americana con lancio di 59 missili. 2018: attacco chimico a Duma.

Dopo la sconfitta dell’Isis con la conquista di Raqqa e la riconquista del 95% del territorio della Ghouta con l’aiuto russo e iraniano, Assad fa la scomposizione demografica che è l’evacuazione di combattenti del campo avversario con le loro famiglie e molti civili verso altri luoghi, così si sono voluti infiltrare siriani fra i curdi ad Aleppo e Afrin.
Nella complicata realtà mediorientale il presidente americano Trumph cambia posizione: ancora il 29 marzo dichiarava di andar via dalla Siria, un disimpegno suggerito da una logica mercantilistica di autosufficienza petrolifera, ora è obbligato a dire “atroce, odioso, disumano” l’attacco chimico; rimane l’incertezza mentre i generali dell’esercito vogliono che gli USA mantengano il controllo sulle rotte cruciali che portano energia alla Cina, la grande concorrente per la leadership mondiale. In un quadro grave, che rischia di volgere al peggio, risalta il fallimento dell’Onu che non riesce a fare nulla per il veto della Russia in Consiglio di Sicurezza e il silenzio desolante dell’Unione europea.
Il bilancio di tanta violenza è atroce in morti e distruzioni, che niente può giustificare come ha gridato il Papa ancora una volta. Le vittime sono calcolate intorno a 600mila. La soluzione non può essere militare, bisogna trovare un accordo: la Siria con Russia e Iran può gestire un negoziato. Dopo tanti anni di guerra un ritorno alla normalità è così forte da indurre tanti ad accettare lo stesso regime di Assad, per spodestare il quale nel marzo 2011 erano scoppiate proteste dilagate in tutto il Paese.

Maria Luisa Simoncelli