Diciassette mesi dopo il referendum che aveva pesantemente azzoppato l’accordo di pace con le Farc, pur senza bloccarlo, dal popolo della Colombia arriva un’altra bocciatura, anche se parziale e indiretta, del faticoso processo di pacificazione.
L’occasione è stata quella delle elezioni legislative di domenica scorsa, durante le quali in Colombia sono stati rinnovati la Camera e il Senato: una anteprima della battaglia presidenziale del prossimo 27 maggio.
A prevalere, in uno scenario di grande frammentazione, sono state le forze contrarie o scettiche all’accordo firmato a fine 2016, quello stesso accordo che ha consentito alle Farc di esordire (con risultati scarsi) come partito politico: avranno solo i dieci seggi parlamentari pattuiti nell’accordo di pace.
Primo partito è il Centro democratico dell’ex presidente Álvaro Uribe Vélez, grande avversario degli accordi di pace, che ottiene oltre il 16% dei voti. Con il 12% dei Conservatori e con il 14% di Cambio Radical dell’ex vicepresidente Germán Vargas Lleras (più spostato verso il centro) si verrebbe a creare una “quasi maggioranza” di 50 senatori su 102 e 83 seggi su 166 alla Camera.
Molto alta (52-53%) l’astensione. Ciò che manca è un progetto di pace condiviso. Per questo è lecito chiedersi in che modo il voto influirà su un cammino reso problematico dai pochi progressi fatti nella trattativa con l’Eln, la guerriglia rimasta ancora attiva.
“Personalmente, non credo che dal voto arrivi un ‘no’ alla pace – dice il segretario generale della Conferenza episcopale colombiana (Cec), mons. Elkin Fernando Álvarez Botero -. Da un lato il voto è stato espresso su diversi modelli di Paese, dall’altro c’è la richiesta di un cammino di pace più partecipato, più condiviso”.
Il segretario della Cec riconosce anche che “c’è molta dispersione di forze… serve un progetto comune per il Paese, che dev’essere una casa per tutti. Per questo, però, servono una leadership politica forte e un nuovo patto sociale”.
Tra chi ha dedicato molti sforzi alla costruzione della pace i sentimenti sono contrastanti. Per Leonel Narváez Gómez, padre della Consolata e presidente della Fondazione per la Riconciliazione, “la destra ha avuto un’affermazione abbastanza forte e certamente cercherà di rallentare l’implementazione del cammino di pace, ma dal punto di vista giuridico l’accordo è blindato dalla Corte Costituzionale e per tre legislature non si potrà cambiare nulla”.