Sospese le trivellazioni di Gaia a Pontevecchio

Fivizzano. Protesta degli abitanti di Cecina per la poca chiarezza dell’intervento. Polemiche per uno scavo nelle vicinanze di un sito archeologico tra i più importanti della Lunigiana

Foto d'archivio di un lavori di Gaia alle tubature di un acquedotto pubblico
Foto d’archivio di un lavori di Gaia alle tubature di un acquedotto pubblico

Alcuni recenti fatti hanno portato lo scompiglio e il disorientamento nella vita politica ed amministrativa di Fivizzano. Sicuramente, però, è stata la notizia delle trivellazioni a Pontevecchio a diffondere la maggior preoccupazione nella popolazione, e non solo della Valle del Bardine, ma anche negli ambienti culturali e in quanti quel nome fa subito pensare alle statue stele: 9 ve ne furono rinvenute nel 1908 e c’è chi auspica ulteriori ricerche. Tutto deriva dal fatto che Gaia, che si dice in possesso di tutte le autorizzazioni, ha annunciato per il giorno 22 gennaio l’avvio di “trivellazioni esplorative”, eseguite da due ditte specializzate, al fine di verificare la possibile esistenza di sorgenti, con cui alimentare l’acquedotto di Fosdinovo e quello della Tecchia di Tenerano, spesso in carenza di acqua, specialmente nei mesi estivi. Il luogo individuato è un terreno che costeggia il torrente Bardinello, in prossimità, appunto, di Pontevecchio. Lo stesso sindaco Paolo Grassi rafforza gli intendimenti pubblicamente dichiarati di Gaia, dando, inoltre, garanzie sulla “salvaguardia del sito archeologico”. Completa il sostegno dell’intervento l’ingegnere di Gaia Gianfranco Degli Innocenti, assicurando che “sono stati richiesti i pareri della Soprintendenza per i vincoli archeologici e paesaggistici e che l’assistenza agli scavi è stata affidata all’archeologo Luca Parodi”. Tutto bene, dunque: intenti addirittura… evangelici – “dar da bere…” – e lungimiranti, lavori eseguiti nel rispetto delle leggi e a regola d’arte, benefici per tutti?

Una vista panoramica della frazione di Cecina a Fivizzano
Una vista panoramica della frazione di Cecina a Fivizzano

Allora perché si sono levate tante proteste e organizzate tante manifestazioni in loco ed in provincia, che hanno evidenziato ben altre intenzioni di Gaia e della Regione stessa e portato alla decisione di fare di tutto per non bloccare i lavori? È quest’ultimo il risultato dell’assemblea, molto partecipata, organizzata sabato 19, da Riccardo Bini e dagli abitanti di Cecina – paese vicino a Pontevecchio -, alcuni dei quali sono proprietari dei terreni interessati alle trivellazioni, considerati dagli storici, come ha riferito il prof. Mario Nobili, citandoli, “il sito archeologico più importante della Lunigiana”. Lo strumento per bloccare i lavori, al fine di capire bene la loro finalità e la loro utilità, fino ad oggi tenute “nascoste”, ma ben chiare per Gaia, a detta anche della consigliera regionale Monica Pecori e del presidente del Comitato “Acqua alla gola”, Alfonso Baldi, è stato individuato dal consigliere comunale di “Cambiamo Adesso” Alessandro Domenichelli, presente con la collega Giovanna Gia, in dimostrabili errori negli atti di notifica di presa di possesso dei terreni. L’immediato “invio tramite pec” agli enti interessati dei rilievi riscontrati ha prodotto gli effetti auspicati. I rappresentanti di Gaia e delle ditte vincitrici dell’appalto si sono recati sul luogo degli scavi, ma, di fronte alle obiezioni dei due consiglieri comunali e dei proprietari, hanno ritenuto di non compiere nessun atto, a partire dal “mettere piede nei terreni”, e di aggiornare il confronto ad un incontro con gli abitanti del posto fissato per giovedì 25 a Cecina, alle ore 21. Ma al di là di questa necessaria presa di posizione, che non è nata certo dalla volontà, del resto impossibile, di negare ad altri il bene acqua, quali sono i secondi fini dell’opera di prelievo, che si dice costosissima e che inducono giustamente a contrastarla, per saperne di più? Risponde a verità il fatto che essa costituirebbe l’inizio di quella che è chiamata, anche da chi governa la Toscana, “autostrada dell’acqua”, che dovrebbe raggiungere Livorno. In questa città, infatti, i pozzi sono inquinati da industrie, che non solo non rispondono al principio che “chi inquina, paga”, ma, anzi, usufruiscono di tariffe agevolate. E, poi, non sarebbe meglio recuperare nuova acqua sostituendo le vecchie tubature, che ne disperdono, si dice, circa la metà? E le industrie non potrebbero costruirsi, per i loro bisogni, impianti di desalinizzazione, considerato che sono vicine al mare? Il problema, insomma, è complesso e si presta a diverse soluzioni, che non possono essere prese in sordina, tenendo all’oscuro la popolazione, con un accanimento particolare verso quella dei piccoli paesi, chiamati ad impoverirsi sempre più a vantaggio dei grandi centri, come è successo recentemente anche per la chiusura delle filiali delle banche. Fortunatamente in questi piccoli paesi è ancora vivo nelle persone un certo “spirito democraticamente ribelle”, che ama confrontarsi con chiarezza e in spirito di giustizia, a difesa possibile dei beni del proprio ambiente. Perché le istituzioni, che dovrebbero dare l’esempio, non fanno altrettanto? Perché non lo ha fatto per prima l’Amministrazione comunale?

Andreino Fabiani