
A Pontremoli una serena riflessione storica di don Pietro Pratolongo su Lutero
Il 31 ottobre 1517 Lutero frate agostiniano divulgò le 95 tesi di quella che sarà ricordata come ” riforma protestante ” per discutere il potere delle indulgenze. Era un argomento esasperato dopo che Teodoro Tetzel, con una propaganda “mercantesca”, si era messo a raccogliere fondi per la costruenda basilica di San Pietro a Roma, ottemperando alla Bolla di papa Leone X. Lutero contestava non le indulgenze per se stesse, ma il modo spregiudicato del predicatore per ottenere soldi promettendo in cambio una remissione piena e “automatica” dei peccati estesa anche ai morti. La rottura profonda con la Chiesa cattolica si ebbe nel 1520, produsse una riforma consistente e duratura della dottrina e della liturgia in larga parte dell’Europa.
L’esigenza di riformare la Chiesa, però, era sentita da almeno due secoli nel mondo cattolico: tentarono di realizzarla nel Trecento i lollardi inglesi che seguivano Wycliffe per un ritorno alla Chiesa povera delle origini, in Boemia Giovanni Hus, che finì al rogo a Praga nella Piazza vecchia dove ora lo sfortunato contestatore della mondanità del clero ha un imponente monumento. Ma anche il guerresco papa Giulio II aveva cercato una riforma della Chiesa senza ottenere risultati.
Nell’ambito delle iniziative organizzate dalla parrocchia di S. Colombano a Pontremoli per la festa di S. Francesco, don Pietro Pratolongo, con una interessante, aggiornata e utile relazione d’insieme, a 500 anni dalla divulgazione delle 95 tesi di Lutero, ha richiamato l’influenza su di lui di filosofi come Duns Scoto e soprattutto Guglielmo Occam, che sosteneva che le verità soprannaturali non sono dimostrabili, sono solo oggetto di fede. Erasmo da Rotterdam e i sostenitori della “devotio moderna” miravano pure loro ad un rinnovato umanesimo cristiano.
Nel clima cambiato dopo il Vaticano II, oggi si può parlare con maggiore serenità di Lutero e degli altri riformatori. Il Papa ha incontrato quest’anno i luterani; dopo lo scontro di secoli con violenze da entrambe le parti, si può sperare in un dialogo serio e pacato. Lutero era autenticamente religioso, aveva “il terrore del sacro”, scrive il grande storico Roland Bainton, la sua angoscia era come salvare la sua anima e non vedeva altra via che quella della grazia e della fede. Le opere buone sono la conseguenza, non causa di salvezza: giustificato per la fede l’uomo fa opere buone. Il fattore decisivo dello scontro col Papa furono per Lutero le sue esigenze interiori, l’esperienza religiosa, anche se entrarono in causa altri aspetti della sua personalità e della sua complessa opera.
La traduzione in tedesco della Bibbia diede al popolo la possibilità di darsi sue interpretazioni senza magistero dottrinale del Papa e del clero (di qui le tante “sette” del protestantesimo). I sacramenti sono ridotti a due: battesimo ed eucaristia, ma Cristo è presente nel pane e nel vino, che non diventano però il corpo di Cristo tramite il sacerdote che ne ha ottenuto la capacità col conferimento dell’ordine sacro, abolito da Lutero come la Confessione, che non ha per lui lo statuto sacramentale di assolvere, tutt’al più di consigliare. Uno sguardo su un tormentato tempo quello presentato da don Pratolongo di cui essergli grati. (m.l.s.)