
Proiettato a Pontremoli il film “Il fiume ha sempre ragione” di Silvio Soldini
Il film “Il fiume ha sempre ragione”, proiettato al Manzoni il 15 luglio a cura della Galleria ExMacelleria di Pontremoli, ha le caratteristiche di una preziosa e raffinata opera d’arte e fa incontrare citazioni da culture diverse. Racconta due grandi storie semplici, gli attori sono due artigiani dal vero: Alberto Casiraghy tipografo e Josef Weiss legatore un po’ filosofo di libri antichi. Il film racconta in parallelo la loro storia, speculare per ambito professionale e per identità di competenze e passione per il loro lavoro, diventato ormai una rarità, ma capace di realizzare oggetti unici, non biglietti da visita.
I librini d’arte di Alberto Casiraghy
Crea piacere immediato e intenso sfogliare i piccoli libri d’arte creati a mano dal poliedrico artista Alberto Casiraghy, in mostra nella sala detta “della Geografia” in Seminario e fino al 21 luglio nella Galleria ExMacelleria di via Garibadi 27 a Pontremoli. All’inaugurazione, sabato 15, era presente il poeta maestro tipografo che è arrivato a stampare a mano con caratteri mobili quasi diecimila librini per una tiratura di trenta esemplari ciascuno. In un domestico laboratorio a Osnago ha recuperato una vecchia stampatrice, taglia, disegna, accosta una dopo l’altra le lettere dell’alfabeto in tanti caratteri (preferiti quelli bodoniani), le mette inchiostrate sotto torchio ed escono su carta pregiata una immagine, un disegno, poche parole piene di verità nella forma dell’aforisma, pensieri di questo tipografo poeta e di un universo di strepitosi autori che vengono da tutto il mondo ad incontrarlo. Aforismi di forte spessore filosofico di grandi firme accanto a pensieri e immagini di “serena meraviglia” del pascoliano “fanciullino” che è dentro di noi. Qualche citazione: Chi dice la verità prima o poi viene scoperto. Gli occhi non sanno tacere. Guardare l’acqua non toglie la sete. I più recenti librini sono dedicati a proverbi africani del tipo: Per crescere un bambino ci vuole un villaggio. Il latte è bianco anche di notte. Ciò che cresce lentamente ha radici profonde. Ci sono le poesie della grande Alda Merini alla quale Casiraghy fu legato da lunga, solidale amicizia. Ci sono incisioni riprodotte con certosina precisione su carta speciale che “giocano” su combinazioni alla Dürer , disegni simbolici e “surreali”, tutto fatto con scrupolosa cura dei dettagli. All’inaugurazione erano presenti anche cinque studentesse universitarie e una stagista del masterclass sul restauro del libro nel laboratorio della Biblioteca del Seminario a cura di Elisa Batilla.
Casiraghy era presente alla proiezione e si è prestato con bella disponibilità e sincerità a rispondere alle domande del pubblico, ricordando esperienze e incontri importanti, la frequentazione dell’ambiente dell’Accademia di Brera, la paziente verifica di ogni dettaglio del lavoro, l’amore per la musica di Mahler. Josef Weiss della Svizzera tedesca ci fa entrare nella sua casa laboratorio, presente in silenzio la moglie vera “musa” del suo operare, e ci conduce nel percorso del lavoro lento ed esperto del legatore di libri, spesso trovati negletti su bancarelle, che suscitano in lui tenerezza come se fossero persone, amici fedeli, li compra e li rimette a nuovo con sapienza della mente e della mano, consapevole che la parola si conserva sulla carta. Invece cosa resterà dei miliardi di comunicazioni digitali che viaggiano tutti i giorni nel mondo di oggi?
I due artigiani, creatori di arte per significato etimologico, nel film comunicano con la soavità del volto, con la luce degli occhi, quanto siano appagati dal loro lavoro, felici di farlo anche se non dà grandi remunerazioni economiche, ma “basta qualcosa nel frigorifero e una casa per non pagare l’affitto!”. Hanno un’operosità che “intenerisce il core”, vivono ogni giorno come nuovo, fanno il lavoro con gioia anche se l’arte non esclude la sofferenza ma riescono a far prevalere la luce sugli abissi. Cercare di essere originali libera dal rischio di diventare pedine tutte uguali di un ingranaggio alienante.
Traspare da questo film “Il fiume ha sempre ragione” che ci si può dare tutti identità, nella semplicità quotidiana dell’esistenza, costruire amicizia vera (non da facebook), come quella della scena finale in cui i due protagonisti si ritrovano a bere sul fiume e sanno godere di piccoli significativi doni e perfino della bella forma del piccolo fiasco. Il sole, l’aria, il vento, l’acqua hanno “sempre ragione”, come l’incantevole posto sull’Adda dove fare camminate a pochi chilometri dalla frenetica Milano, forse ancora quello di milioni di anni prima al tempo dei dinosauri, l’insidia delle schiume dei detersivi e altri colpevoli detriti gli potrebbe “togliere la ragione”, tuttavia a dare speranza rimangono i buoni libri e non c’è amico più fedele di un libro. Le macchine eseguono i progetti nati dalla creatività e dall’intelligenza delle persone, sono strumenti utili e opportuni, anche lo stampatore a mano con caratteri mobili Casiraghy e il legatore con spago e colla di libri consunti Weiss usano computer e internet, ma con dosata misura e da “padroni” avendo il coraggio di pensare e agire con la propria testa, che è la migliore definizione di maturità da attribuire a una persona. Il regista Silvio Soldini ha reso benissimo sensibilità esistenziali e atmosfere di ambienti.
(m.l.s.)