Pietro Pedroni, pittore neoclassico

Pontremoli. Scritture inedite ritrovate da Marco Angella: la sua ricerca pubblicata nell’ultimo numero della rivista “Cronaca e storia di val di Magra”

All’interno della cornice la piccola tela raffigurante la Madonna col Bambino secondo l’iconografia della Madonna del Buon Consiglio venerata nel santurio di Genazzano. Il quadro è opera del pittore pontremolese Pietro Pedroni che, verso la fine del XVIII secolo, la donò alla parrocchia di San Nicolò dove si trova, collocato in alto, sopra l’immagine del Cristo Nero.
All’interno della cornice la piccola tela raffigurante la Madonna col Bambino secondo l’iconografia della Madonna del Buon Consiglio venerata nel santurio di Genazzano.
Il quadro è opera del pittore pontremolese Pietro Pedroni che, verso la fine del XVIII secolo, la donò alla parrocchia di San Nicolò dove si trova, collocato in alto, sopra l’immagine del Cristo Nero.

Notizie sparse su Pietro Pedroni (Pontremoli 1744 – Firenze 1803) si erano già lette in scritti di Pietro Bologna, Camillo Cimati, Marco Ciampolini, Paolo Lapi e citazioni varie, ma il pittore resta nella sostanza alquanto sconosciuto, oscurato o volutamente negletto dagli artisti più celebrati e più bravi suoi contemporanei nati a Pontremoli da famiglie forestiere: Giambattista Natali, Niccolò Contestabili; nell’Ottocento Pietro Cocchi diede buone prove pittoriche ma fu stroncato da morte molto precoce.
Marco Angella, certosino esploratore in archivi e biblioteche, ha trovato manoscritti inediti di cui dà conto in un articolo appena pubblicato sul numero 44-45 della rivista Cronaca e storia di val di Magra a cura del Centro aullese di ricerche e studi lunigianesi “Giulivo Ricci”. Pietro Pedroni fu battezzato dal priore della chiesa di San Pietro ancora dipendente dalla diocesi di Brugnato, era nato il 30 novembre 1744 da Domenico Pedroni e Teresa Bonzani. Il suo curriculum riporta che fece i primi studi di pittura a Parma, il perfezionamento a Roma a spese del granduca di Toscana Pietro Leopoldo, povero di mezzi trovò il suo mecenate nell’esperto latinista marchese Lorenzo Pavesi col quale andò a Napoli.
Lo scrive Emanuele Gerini nelle sue “Memorie stoiche di illustri scrittori” di Lunigiana antica e moderna, ma sono ancora tutti da studiare i rapporti tra i due pontremolesi.
Concluse la sua carriera a Firenze, dove, raccomandato dal ministro pontremolese Francesco Seratti, fu nominato nel 1781 pittore di corte e fu maestro “per la composizione e per il colorito” nella Accademia di Belle Arti per 25 anni. Dopo una lunga malattia morì di consunzione a Firenze nel 1803 ed è sepolto nel chiostro accanto alla chiesa della SS. Annunziata; una lapide lo ricorda come pittore dotto ed elegante, maestro di arte e di onestà, di animo fraterno verso gli alunni, rinnovò la gloria della pittura in Toscana. Il catalogo delle sue opere non è molto ricco, anche per le infermità che lo tormentarono a lungo.
A Parma esordì con studio di nudo; a Roma compose i quadri raffiguranti La Primavera, L’autunno, La favola di Narciso, Atalanta, San Pio V ed altri Santi (una pala d’altare ora a Colorno nella chiesa di san Liborio commissionata dall’infante duca Farnese di Parma), a questa ne seguì una per la cattedrale di Subiaco e un’altra con Madonna e Santi per l’abbazia di San Benigno Canavese, Ritratto di Francesco Raimondo Adami, padre generale dei Serviti.
A Roma Pietro Pedroni fu alla scuola di Pompeo Batoni, il lucchese ritrattista neoclassico di gran fama. I due quadri di soggetto mitologico La favola di Narciso, Atalanta erano stati commissionati dal granduca toscano per palazzo Pitti, finirono a Siena per risarcire la città delle spoliazioni fatte dai francesi negli anni rivoluzionari (sono stati recuperati nel 1990 negli uffici della Provincia da Marco Ciampolini). Pedroni dimostra di aver recepito i canoni stilistici di Winckelmann, gran maestro del Neoclassicismo, e di Raffaello Mengs oltre che del Batoni.
Pontremoli conserva la piccola tela con Madonna col Bambino ben visibile sopra il Cristo nero nella chiesa di San Niccolò (segnalata da Paolo Lapi nel Corriere Apuano del 12 gennaio 2002). L’immagine della Madonna è conforme alla Madonna del Buon Consiglio di Genazzano. A villa Dosi sono Estate, Inverno, due delle quattro stagioni che per Camillo Cimati erano le opere migliori del Pedroni, furono esposte a Pontremoli nella prima e celebre mostra d’arte del 1939. Alla sua morte i fratelli Luigi e Ignazio dissero che nel testamento risultava l’acquisto di un quadro di grande qualità raffigurante Icaro e Dedalo attribuibile a Wanduik (sic!) ritenuta alterazione di Wan Dick, Richiedono alla Maestà reggente il granducato di farlo stimare dal direttore dell’Accademia fiorentina, che risponde essere il quadro di scuola fiamminga, acquistato a Roma da Pietro Pedroni, ma esprime dubbi che sia di Wan Dick per inferiori qualità di “forme e condotta del pennello”, ne sconsiglia l’acquisto e la corte lo assecondò.
Marco Angella scrive che al momento non si sa che fine abbia fatto questo quadro riconosciuto bello e originale, non è conservato nelle Gallerie Fiorentine, non ci sono riscontri certi neppure nel catalogo dell’opera completa del grande pittore fiammingo. Nella critica d’arte gli elogi del Pedroni si incrociano con le stroncature. I suoi stretti contemporanei fiorentini lo dicono “mediocre”, “pieno di vanità”, “semplice dilettante”, “furono più le parole che i disegni e i dipinti” negli anni della cattedra in Accademia. Ma i giudizi negativi dei colleghi fiorentini erano dovuti alla loro incapacità di cogliere il nuovo linguaggio pittorico del Pedroni, mentre gli alunni lo stimarono un “indiscusso caposcuola”. Così valuta Marco Angella, che nel suo articolo, corredato da tante e minuziose note al testo e appendice di inediti di lettere, ricevute di pagamenti, cartelle dei disegni, testamento e altro, ha illuminato per quel che vale la figura di questo pittore pontremolese. La storica dell’arte dell’Università di Milano Rossana Bossaglia, coautrice con Vasco Bianchi e Luciano Bertocchi del volume Due secoli di pittura barocca a Pontremoli, (Sagep Editrice, Genova, II edizione 1997), accenna a Pietro Pedroni (erroneamente detto parmense) collocandolo fra i tardi seguaci dei neoclassici propriamente detti e che si espressero con “le loro formule rileccate, a poco a poco privandole di eleganza per nutrirle, o tentar di nutrirle, di significati sentimentali”. Dello stesso tenore di quelle del Pedroni reputa che siano qui a Pontremoli le tele a olio del franco-piemontese Jacopo Berger (un suo Autoritratto è in casa Zucchi Castellini), autore della Presentazione al tempio e del toscano, allievo del Pedroni, Giuseppe Collignon la Deposizione entrambe nel transetto del Duomo.

(Maria Luisa Simoncelli)