
Una ricerca dell’Istituto Toniolo che va oltre i luoghi comuni
I dati statistici che riguardano l’esperienza religiosa dei giovani registrano una progressiva diminuzione del numero di coloro che si dichiarano cattolici. È quanto è segnalato anche dal Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, che vede passare nel giro di quattro anni la percentuale di coloro che si dichiarano cattolici dal 56% al 51%.
Tuttavia il loro approccio alla vita cristiana, anche se non ha i caratteri della fede che hanno imparato a conoscere a catechismo, denota una sensibilità e una ricerca autentica e inquieta. Nell’orizzonte dei giovani intervistati nell’ambito dell’indagine dell’Istituto Toniolo, Dio non è assente, pur andandosi a mescolare con le emozioni e gli stati d’animo soggettivi, né manca la preghiera, sia pure quella fatta con le proprie parole, in base al proprio stato interiore. In questo quadro hanno poco spazio la liturgia, la partecipazione alla messa, la preghiera comunitaria perché non riescono a entrare in relazione con la situazione soggettiva della persona. Non è, invece, compresa la Chiesa: nei suoi confronti i giovani non hanno un atteggiamento ostile, semplicemente, non ne colgono il significato.
Cercano un rapporto diretto con Dio, il che coinvolge anche la figura del prete, verso cui hanno una benevola indifferenza, a meno che non abbiano incontrato qualche sacerdote che ha esercitato un’influenza importante sul percorso personale. Allora l’atteggiamento diventa positivo, più per la relazione instaurata che per il ministero.
Diversa è la posizione nei confronti di Papa Francesco, verso il quale i giovani nutrono una vera devozione per il suo modo di fare semplice, “normale”, libero dalle incrostazioni del ruolo istituzionale. Quali possibilità vi sono per entrare in dialogo con il mondo giovanile sui temi della fede? La loro ricerca interiore è sensibile soprattutto a due aspetti decisivi: quello delle relazioni e quello dell’esperienza. I giovani affermano che è bello credere – anche quando si dichiarano non credenti – perché chi crede non è mai solo ma ha sempre qualcuno che si prende cura di lui e lo protegge.
Alla comunità cristiana rimproverano di essere fredda e anonima, senza coinvolgimento e senza partecipazione; uniche eccezioni alcune figure di educatori che li hanno fatti sentire importanti e sono diventati importanti per loro. E poi vorrebbero sperimentare una fede che si fa esperienza, coinvolgimento, responsabilità. Non si sentono a casa in una comunità che dà loro una visione della vita appresa passivamente, o che propone una preghiera avvertita solo come un rito.
A ben vedere, i giovani stessi indicano quali sono le aperture attraverso le quali è possibile entrare in comunicazione con il loro mondo interiore, per accompagnarli in una ricerca che può aiutare tutta la Chiesa a reinterpretare la sua missione.
(P. B. – Agensir)