Preoccupano i  “grandi” che giocano alla guerra

Sempre nuovi motivi di tensione tra Usa, Russia, Cina e Corea del Nord

L'Arco della Riunificazione, costruito nella capitale della Corea del Nord, Pyongyang, nel 2001
L’Arco della Riunificazione, costruito nella capitale della Corea del Nord, Pyongyang, nel 2001

Quella appena trascorsa è stata la prima “settimana di guerra” del presidente Trump. Che stesse scaldando i muscoli era abbastanza evidente dal cambio quasi repentino di iniziative nei confronti di Russia, Cina, Siria, Iraq e soprattutto della Corea del Nord. Il mondo ha un po’ di febbre. Non si sa ancora quanto ci sia di vero e quanto di scenografico messo in atto per acquisire posizioni di forza nello scacchiere politico, ed economico, internazionale.
I protagonisti non fanno ben sperare: da Trump a Putin, a Erdogan, per finire a Kim Jong-Un, il presidente della Corea del Nord, meno famoso degli altri signori, ma non per questo meno pericoloso. La settimana di Trump era iniziata col lancio di 59 missili Tomahawk sulla base siriana dalla quale sarebbero partiti i raid con le famose bombe chimiche. La cosa ha urtato non poco la Russia di Putin e il presidente siriano. Di seguito c’è stato il lancio della “madre di tutte le bombe”, la più potente non nucleare, in Afghanistan per colpire tunnel e grotte usate dai miliziani dell’Isis. È la prima volta che la superbomba viene usata in combattimento: pesa circa 12 tonnellate ed ha una capacità di distruzione totale, anche in profondità, nel raggio di centinaia di metri.
La dimostrazione di forza era un evidente avvertimento al presidente della Corea del Nord: la proliferazione nucleare in atto in quel Paese è una minaccia presa sul serio. Si sta muovendo anche la diplomazia, facendo pressione soprattutto sulla Cina, sostenitrice indispensabile alla Corea del Nord. All’Onu, l’ambasciatore nordcoreano ha rilasciato dichiarazioni di fuoco: “Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all’altro nella penisola coreana… Gli Stati Uniti stanno disturbando la pace e la stabilità globale, insistendo in una logica da gangster… Condurremo altri test missilistici, combatteremo una guerra totale se gli Usa saranno così sconsiderati da usare mezzi militari”.
Le dichiarazioni americane sono leggermente più felpate, ma non del tutto tranquillizzanti: “La pazienza strategica è finita e tutte le opzioni per contrastare il regime nordcoreano sono sul tavolo”. Come dire che, tra le altre, c’è anche quella di un intervento armato. Intanto il gruppo navale della portaerei Carl Vinson sta raggiungendo il Mar Giallo, dove sono programmate esercitazioni nei pressi delle coste nordcoreane. C’è quanto basta per provare nostalgia per i tempi della guerra fredda, quando i contendenti erano meno viscerali, sapevano fin dove potevano spingersi e quando era il momento di fermarsi.
Oggi Trump è ancora un’incognita, anche se ha già annunciato un aumento delle spese belliche per il 2018 del 9%, con grande gioia dei grandi mercanti internazionali di armi. Gli altri non brillano per equilibrio e per rispetto delle minoranze.

Giovanni Barbieri