
Intervista a Marco Leorin, nuovo presidente dell’A.C. di Massa Carrara – Pontremoli

Massese della parrocchia di Castagnola, 34 anni, medico specializzando in medicina d’emergenza-urgenza, tra poche settimane sposo di Bianca, Marco Leorin è il nuovo presidente dell’Azione Cattolica dioesana. Eletto dal nuovo consiglio dalla terna di nomi indicati da mons. Santucci, Leorin succede a Carlo Delmonte, che ha guidato l’associazione negli ultimi 6 anni, ed è il più giovane presidente di AC dalla unificazione delle diocesi nel 1988. Già delegato regionale della Toscana dei giovani di Azione Cattolica e attuale direttore del Centro Giovanile di Massa, Leorin ha già un robusto “curriculum” ecclesiale e associativo da mettere al servizio dei laici di AC e della Chiesa diocesana.
Presidente, chi la conosce è rimasto sorpreso: nonostante una vita intensa e “in formazione” non ha esitato a dire ‘sì’ alla chiamata al servizio dell’Azione Cattolica. Con quale stato d’animo ha accettato l’elezione?
La prima sensazione è stato un senso di preoccupazione sostenuto dal pensiero “è successo veramente. Ce la farò?”. Poi l’affetto e la stima che i consiglieri mi hanno dimostrato hanno permesso di lasciare spazio a una maggiore serenità.
Che effetto fa cominciare a frequentare l’Azione Cattolica come bambino dell’ACR e arrivare ad essere presidente diocesano?
In effetti nel Consiglio diocesano che mi ha eletto erano presenti due delle educatrici che mi hanno accolto al mio primo campo scuola, in terza media, nel 1997. Una bella emozione: da quell’estate la mia vita è cambiata. Intrapresi lì un percorso bello, importante perché ha tracciato il sentiero in cui sono cresciuto come uomo e come cristiano, grazie anche a tanti compagni di viaggio e maestri che mi hanno insegnato tanto. Senza le persone che mi hanno accompagnato in questo cammino non sarei quello che sono oggi.
Cosa l’Azione Cattolica può mettere a disposizione di due realtà in profondo cambiamento quali sono oggi la Chiesa e la società italiana?
Mette a disposizione la propria esperienza educativa e la formazione dei suoi soci: risorse mediante le quali acquisire strumenti per leggere il territorio e le sue esigenze, per avere la capacità di leggere i “segni dei tempi”. L’assemblea diocesana di febbraio ha ribadito la vocazione ad essere al servizio del Vescovo e delle parrocchie e allo stesso tempo a prestare attenzione al territorio e alla società. Ha già individuato delle priorità di impegno? Certamente è necessario continuare a “sporcarci le mani” vivendo le nostre vite nel quotidiano, al lavoro, in famiglia, a scuola, lì dove siamo chiamati a essere testimoni credibili della nostra fede; penso però sia importante, in una fase di crisi vocazionale – che non riguarda solo le vocazioni sacerdotali, ma anche quelle laicali – lavorare all’interno dell’associazione e della Chiesa per tessere legami e costruire una rete di relazioni vere, andare alla periferia della nostra diocesi, nelle parrocchie, perché è lì che possiamo trovare il tessuto che può continuare a sostenere il nostro cammino di associazione e di Chiesa.
Quale impronta “personale” vorrebbe dare all’associazione per il prossimo triennio?
In tanti mi dicono che il servizio come presidente diocesano in questa fase della mia vita con un matrimonio a breve, un lavoro impegnativo, i tanti impegni ecclesiali e sociali sono una bella testimonianza per tutti; se dovessi lasciare una impronta, vorrei che tutto questo non rimanesse solo una bella testimonianza da ammirare, ma uno stimolo ad assumersi responsabilità, a non delegare, a “mettere fuoco nel mondo”, come ci chiese Giovanni Paolo II a Tor Vergata nel 2000.
(Davide Tondani)