Churchill, Truman e Stalin: Tre uomini a spartirsi il mondo
Il primo ministro inglese Churchill, il presidente USA Truman e il presidente dell'URSS Stalin posano per la foto ufficiale alla conferenza di Potsdam all'inizio dell'estate del 1945
Il primo ministro inglese Churchill, il presidente USA Truman e il presidente dell’URSS Stalin posano per la foto ufficiale alla conferenza di Potsdam all’inizio dell’estate del 1945

Potsdam, una trentina di chilometri a sud della allora quasi distrutta Berlino, fu sede dell’ultimo fra gli incontri preparatori tramite i quali Churchill, Truman e Stalin (i Tre Grandi in rappresentanza di Gran Bretagna, Stati Uniti d’America e URSS) definirono le sorti del mondo all’indomani del secondo conflitto mondiale.
I protagonisti furono i leader delle potenze vincitrici, tre soltanto, Winston Churchill, Harry Truman e Iosif Stalin, anche se poco dopo, a Parigi, nella conferenza finale, saranno ventuno i rappresentanti dei vincitori ad informare gli sconfitti, privati del diritto a qualsiasi decisione, su cosa sarebbe loro accaduto. Tre uomini con le idee chiare, portatori di esigenze di predominio e di interessi consolidati nel tempo. A dire il vero, i tre già si erano incontrati, sempre in un clima di assoluta riservatezza, in alcuni summit in cui gli assetti avevano cominciato a delinearsi.
La prima volta fu a Teheran, quando la guerra era ancora ben lontana da terminare. Lì i i Tre (gli USA erano ancora rappresentati da Roosvelt) avevano deciso di appoggiare la resistenza titina in Jugoslavia, di predisporre lo sbarco in Normandia e di modificare profondamente dopo la guerra i confini della Germania. Poi venne Casablanca, con la presenza accanto agli USA ed alla Gran Bretagna della Francia di De Gaulle, per la definizione delle strategie belliche nel Mediterraneo e, soprattutto, la richiesta, da parte degli Alleati, ai vinti di accedere al tavolo di pace previa una dichiarazione di resa incondizionata. Infine Yalta, con gli assetti istituzionale e politico nell’Europa, la quadripartizione della Germania, lo “spostamento” verso Ovest della Polonia, la solidificazione dell’egemonia sovietica nell’Est europeo, Romania, Bulgaria e Jugoslavia in primo luogo.
A Potsdam, quindi, gran parte dei giochi erano già fatti e fu ferrea la posizione di Stalin che, nonostante le riserve della Gran Bretagna, non arretrò di un millimetro rispetto allo spostamento ad Ovest dei confini sovietici, per costruire attorno alla Russia un cuscinetto che fosse disincentivo ad altre iniziative simili a quella hitleriana.
Truman, giunto al vertice degli USA da poco tempo per la morte del predecessore Roosvelt, pur interessato agli equilibri europei (c’era la necessità di contrapporre alla sfera di influenza sovietica, cioè comunista, un’area dove l’economia americana trovasse spazio), aveva l’attenzione rivolta al Sud-Est asiatico, dove la guerra stava continuando e dove occorreva porre tra due fuochi il Giappone. Per cui l’appoggio dell’URSS doveva essere garantito ad ogni costo.
Infine Churchill, che già sentiva prossima la vittoria dei laburisti nelle successive elezioni ed a cui interessava evitare interferenze nella vasta zona del mondo legata da rapporti economici e anche di sudditanza politica a Londra.

Giulio Armanini