Il Consiglio europeo su migrazioni e futuro dell’Ue, svoltosi a Malta venerdì 3 febbraio, ha evidenziato alcune conferme, ha portato qualche novità e ha lasciato sul terreno molteplici nodi irrisolti. Sul tema migratorio non sono consentite banalizzazioni o slogan razzisti, come accade da parte di politici irresponsabili, perché ci sono di mezzo vite umane.
Il fenomeno ha cause remote ma gli effetti ricadono sul presente: una risposta ai crescenti flussi di persone in fuga da povertà e violenza non può che considerare le une e gli altri, prospettando interventi immediati e azioni di più lungo respiro. Il tutto a partire dalla presa di coscienza che i movimenti migratori sono un aspetto strutturale della nostra epoca e vanno affrontati con la convinzione che siano un “problema” di tutti gli Stati, anche di quelli – membri dell’Ue – che finora hanno girato la faccia dall’altra parte.
A Malta, il premier Gentiloni ha presentato l’accordo siglato il 2 febbraio con il governo libico di Fayez al Sarraj, per ridurre le partenze via mare di migranti verso l’Europa; il contenuto è stato apprezzato da tutti i leader presenti. Il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, ha spiegato che “abbiamo concordato misure operative immediate che dovrebbero contribuire a ridurre il numero dei migranti irregolari e nel contempo salvare vite umane”.
C’è l’impegno a fornire formazione, equipaggiamento e supporto alla guardia costiera libica; a erogare assistenza economica alle comunità locali in Libia per aiutarle a dare ricovero ai migranti bloccati; a collaborare con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni al fine di intensificare i rimpatri volontari verso i Paesi di origine. Tutte queste azioni saranno attuate mediante fondi Ue e nel pieno rispetto del diritto internazionale.
Restano anche tanti nodi irrisolti. Migrantes, Caritas e altre ong fanno notare che il governo libico controlla solo una parte del territorio nazionale per cui le partenze dei barconi e la tratta potrebbero spostarsi, lasciando irrisolto il problema degli esodi via mare; resta poi il problema delle condizioni dei campi profughi in Libia e in altri Paesi africani e del reale rispetto del diritto internazionale e del diritto di asilo, che sono punti fermi di qualsiasi civiltà moderna. Niente di certo c’è sulla messa in moto di progetti di sviluppo dell’Africa (e non solo), per aiutare i suoi “figli” a trovare nei loro Paesi un’esistenza degna, evitando loro di dover fuggire da casa per costruirsi una vita altrove.
(Agenzia Sir)