Quando si smette di studiarla, la storia muore
“Le comunità toscane al tempo del Risorgimento”. A Carrara presentata la monumentale opera coordinata da Fabio Bertini. Appuntamento voluto dal Comitato per la Promozione dei Valori Risorgimentali

È stato interessante l’incontro di sabato scorso a Carrara, nella sala Gestri della Biblioteca Civica, per la presentazione del volume coordinato da Fabio Bertini su Le Comunità toscane al tempo del Risorgimento. L’appuntamento voluto dal Comitato di Massa Carrara per la Promozione dei Valori Risorgimentali e del Coordinamento Toscano dei 14 Comitati della regione, aveva il patrocinio della Regione, dei comuni di Carrara e Massa, dell’Associazione mazziniana italiana e del Circolo Culturale Edera.

Un volume ponderoso

comunita_toscane_risorgimentoCosì lo ha definito, scherzando, il suo curatore, il prof. Fabio Bertini, già docente di Storia Contemporanea nell’ateneo fiorentino e coordinatore dei Comitati toscani del Risorgimento: “soltanto a portarne qui due copie, è stata una fatica…”. L’opera (1536 pagine, Livorno, Debatte ed., 2016, euro 50) è un’indagine meticolosa delle 322 comunità della “Grande Toscana” al tempo del Risorgimento, dagli ultimi anni di governo del granduca Leopoldo II fino ai fondamentali momenti dell’indipendenza e dell’unità nazionale. Le voci del Dizionario riguardano non solo le popolazioni un tempo granducali, ma anche quelle che hanno fatto parte di altri Stati, come Parma e Modena, e altre ancora che, un tempo toscane, oggi si trovano in altre regioni. Da Abbadia S. Salvatore a Zeri: uno spaccato che apre infinite piste di ricerca su un secolo, l’Ottocento che sarebbe opportuno rivisitare.

 

A fare gli onori di casa Ezio Della Mea, che ha illustrato la funzione del Comitato provinciale, soffermandosi sulla sinergia dello stesso con le altre associazioni culturali locali. Una situazione ottimale – ha affermato Giovanna Bernardini, assessore alla Cultura di Carrara, soffermatasi sui valori e i bisogni del Risorgimento e sul ruolo dello studio della storia, della letteratura e della cultura nazionale, troppo spesso svilito oggi, quando si tende a vivere soltanto nel presente. “Oggi – ha detto – è fuori moda studiare per comprendere il passato da cui deriva il futuro delle nazioni”. “Il Risorgimento – ha proseguito – è stato un grande lavoro di paideia, da cui sono emerse la cultura della patria e della nazione e la costruzione delle coscienze. In questo contesto questo è molto di più dei moti rivoluzionari”. È stata la sintesi fra radici illuministiche e portato romantico, in un percorso che passa, in Toscana, attraverso i Lorena per giungere all’Unità.
Più attento alle motivazioni ed al ruolo dei Comitati per la promozione dei valori risorgimentali è stato il presidente del Comitato di Prato, Giuseppe Gregori, carrarese d’origine, trapiantato nella città toscana, dove è stato Segretario generale della Camera del lavoro. Gregori ha riconosciuto la lontananza della Sinistra dal mondo risorgimentale ed il ruolo del presidente Ciampi nella riscoperta di questo periodo della storia d’Italia. Sull’attività dei Comitati, ha insistito sulla funzione di stimolo allo studio e alla ricerca storica. “Quando si smette di studiarla, la storia muore”, ha detto, oggi occorre “restituire a ciascuna comunità le ragioni per indagare sul proprio passato”, citando, per Carrara, la figura di Alberto Meschi, anarchico, ma soprattutto sindacalista di grande modernità.
Marco Manfredi, docente di Storia contemporanea all’Università di Pisa, ha definito il volume oggetto dell’incontro uno “strumento notevole per un quadro di insieme, in quanto propone uno spaccato a volo d’uccello su tutte le comunità toscane, su quanto di esse è detto nella letteratura storiografica ed in molti archivi”. Manfredi ha puntato l’attenzione su alcuni temi del Risorgimento: fenomeno di massa o d’élite? Se, quanto e come è penetrato nelle aree marginali o nel mondo contadino? E, poi: come ha inciso il “triennio giacobino”? Quanto il 1848 è stato determinante per la diffusione degli ideali patriottici, con il ruolo delle donne o del basso clero nel gettare il germe dell’Unità d’Italia? In quegli anni essenziale fu l’informazione: quando nel 1847 venne consentita, prima da Pio IX e poi da altri governi, la libertà di stampa, personaggi prima conosciuti in stretti ambienti intellettuali divennero vere e proprie star e le idee risorgimentali si allargarono alle masse. A conclusione l’intervento del prof. Bertini, che ha evidenziato il cambio di prospettiva all’origine dell’opera: non “Il Risorgimento nelle Comunità toscane”, ma queste nel Risorgimento, colle loro dinamiche interne e con i forti timori di cambiamento. “Il 1848 iniziò colla crisi economica del gennaio 1847, che fu l’humus ove attecchirono le idee di giovani che frequentavano scuole ed università. Non c’erano eroi, alla base di questa diffusione, ma gente comune, in particolare le maestre, o i giovani che, come accadde con Curtatone e Montanara, seppero anche rischiare la propria vita”.

Giulio Armanini